I lavoratori dell’ospitalità si sentono malpagati e (spesso) poco sicuri di notte. Sempre meno garnish nei cocktail per combattere gli sprechi alimentari. Negli Usa i whiskey in edizione limitata ispirati al bitcoin. Le notizie della settimana dal mondo di cocktail e distillati dai media internazionali.
Lavoratori dell’ospitalità, malpagati e (spesso) poco sicuri di notte
I professionisti dell’industria dell’ospitalità si lamentano per la difficoltà di trovare un equilibrio fra lavoro e vita privata, ma soprattutto per le basse retribuzioni. Sono alcuni dei risultati di un’indagine condotta a livello internazionale dall’organizzazione no-profit Celebrate Her in collaborazione con Allara Global e CGA by NIQ, di cui riferisce l’autorevole Drinks International.
In base al sondaggio, che ha coinvolto quasi mille lavoratori del settore in 20 paesi su temi che vanno dal sessismo alla sicurezza sul posto di lavoro e alla soddisfazione lavorativa, il 78% di coloro che in precedenza avevano percepito il lavoro nell’ospitalità come temporaneo ha cambiato successivamente questa percezione, e i due terzi di questi ultimi hanno costruito carriere durature nel settore. Quasi la metà degli intervistati ritiene che le proprie necessità in fatto di salute mentale non siano supportate (e il 40% dichiara di non sentirsi a proprio agio nel rivelare i propri problemi di questo tipo), mentre Il 57% cita stress e burnout come ostacoli all’avanzamento di carriera. Inoltre, se l’83% valuta la sicurezza fisica nel proprio posto di lavoro come eccellente o buona, oltre un terzo si sente però insicuro tornando a casa a tarda notte.
Niente garnish, siamo sostenibili
Al diavolo l’apparenza prima di tutto e l’instagrammabilità: la tendenza sempre più diffusa in fatto di presentazione di cocktail è quella del minimalismo. Soprattutto in nome – neanche a dirlo – della sostenibilità. Come si legge su Food & Wine, in generale I bartender stanno abbandonando le garnish eccessivamente scenografiche, dal momento che queste finiscono per essere causa di inutili sprechi alimentari.
Del resto, come emerse in occasione di un seminario a Tales of the Cocktail nel 2023, un chilogrammo di rifiuti derivanti da guarnizioni a base di limone può in media determinare all’incirca la stessa quantità di emissioni di carbonio di un viaggio di 20 minuti in auto. In risposta a questa osservazione, nota Lucy Simon nel suo articolo, due sono le scuole di pensiero emergenti: c’è chi propende per una totale abolizione delle garnish e chi vorrebbe limitarsi a quelle realizzate unicamente riutilizzando gli scarti degli ingredienti impiegati nella preparazione del relativo cocktail.
Photo Credit: Nicole Cavazzuti
Il whiskey che sa di bitcoin
Il brand di whiskey Gold Bar di San Francisco ha lanciato due edizioni limitate ispirate alle criptovalute. Come riporta The Spirits Business, le due nuove referenze, Gold Bar Whiskey Bitcoin Reserve e Satoshi Reserve, sono vendute nella tipica bottiglia a forma di lingotto d’oro della distilleria e sono pensate per un pubblico di collezionisti, appassionati di criptovalute e intenditori di whiskey.
Il primo è un blend di bourbon puri invecchiati tra i cinque e i 14 anni, maturati in botti di vino rosso provenienti da Sonoma e Napa Valley in California, e ha una gradazione alcolica del 46,5% vol. La produzione è limitata a 21mila bottiglie (al prezzo di 99 dollari l’una), a richiamare il tetto massimo di 21 milioni di unità stabilito per la criptovaluta dal suo creatore, il misterioso Satoshi Nakamoto.
Proprio a quest’ultimo è il riferimento per Satoshi Reserve, che celebra i 15 anni dal primo utilizzo del bitcoin nel mondo reale. Si tratta di un rye whiskey di segale single barrel realizzato con un mash bill composto per il 95% da segale e per il 5% da orzo maltato. La gradazione alcolica è fra 57,5 e 61,5% vol., la produzione si ferma a 999 bottiglie vendute a 699 dollari l’una.
Photo Credit: https://goldbarwhiskey.com/products/gold-bar-whiskey-satoshi-reserve
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