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Lievito: il perché di un successo italiano

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Quella del lievito italiano è una storia di successo, che non nasce per caso. A ribadire l’importanza di una filiera Made in Italy per questo ingrediente è il Gruppo Lievito da zuccheri di ASSITOL,  in occasione di Sigep, il Salone Internazionale della panificazione, pasticceria, gelateria artigianali e caffè di Rimini.

“Siamo coltivatori di lievito – ha esordito Pietro Grechi, amministratore delegato di Zeus Iba – non è una frase fatta, ma la sintesi di quello che facciamo tutti i giorni. Il lievito ha bisogno di ‘crescere’ in condizioni ottimali, che noi assicuriamo attraverso una serie di procedure e tecnologie all’avanguardia. L‘alto livello qualitativo dei nostri prodotti e l’attenzione a tutti i diversi aspetti della sicurezza ha consentito al nostro comparto di conquistare una posizione di leadership, soprattutto nel Sud dell’Europa”. I numeri, del resto, lo dimostrano: le aziende italiane muovono circa 100mila tonnellate l’anno di prodotto, venduto per metà all’estero. Il lievito per panificazione vive e cresce grazie al melasso, sottoprodotto di origine agricola. “Il nostro non è un impegno qualsiasi – ha sottolineato Claudio Bersellini, direttore industriale di Lesaffre – non ci occupiamo di semplici reazioni chimiche, noi coltiviamo un essere vivente. É quindi essenziale prevenire i problemi, lavorando sulla sicurezza dei processi, per poi costruire una vera e propria ‘catena del valore’, che ha inizio con le materie prime”. Materie prime delle quali va garantita la completa tracciabilità e il cui fornitore deve essere qualificato in via preliminare. “La qualità deve mantenersi costante nel tempo, ecco perché verifichiamo continuamente i nostri fornitori, a tutti i livelli: dal melasso all’imballaggio fino al prodotto di lavaggio”, ha spiegato Bersellini.

La verifica continua è alla base dell’altro pilastro di un settore all’avanguardia: l’efficienza. “Si pensi, ad esempio, ai tempi di evasione degli ordini – ha precisato il direttore industriale di Lesaffre – e al rispetto delle scadenze, che devono essere monitorate di continuo”. L’altro aspetto su cui tutto il settore lavora moltissimo è la sicurezza sul lavoro. Attraverso controlli analitici ed indagini ambientali si studiano e adottano le misure più adatte per ridurre la possibilità di incidenti in azienda.Il vero principio guida di tutto il nostro processo produttivo – ha commentato Bersellini – è il miglioramento continuo”.

Quello del lievito è anche un settore ad alto tasso di sostenibilità, grazie alla circolarità dei processi produttivi e al reimpiego di tutti i sottoprodotti utilizzati. In ta senso, le aziende produttrici sono capofila nel definire strategie che portino verso la “carbon neutrality”. Il primo passo per raggiungere tale obiettivo è l’efficienza energetica, come spiegato da Jacopo Vaja Zurli, EMEA energy manager per ABMAURI: “Il nostro settore impiega grandi quantità di energia elettrica e termica, ecco perché utilizziamo impianti avanzati di cogenerazione. Inoltre sviluppiamo ed implementiamo continuamente soluzioni innovative di efficienza energetica dei processi produttivi in una visione di transizione energetica”.

Oltre all’energia, è l’acqua l’elemento irrinunciabile per la produzione del lievito, perché rappresenta il substrato nel quale il lievito vive e si sviluppa, e viene impiegata in molte operazioni. “Tutte le aziende hanno programmi per la riduzione nell’uso ed il riutilizzo delle proprie acque ha ricordato Vaja Zurli – sono dotate di trattamenti interni tra i più avanzati. La componente di acqua non riutilizzabile viene smaltita, previo trattamento. Va sottolineato che i limiti allo scarico che rispettiamo sono tra i più severi al mondo, a conferma che le nostre norme ambientali sono assai stringenti”.

La migliore garanzia, per un prodotto alimentare, è però sempre quella degli utilizzatori finali. Adriano Albanesi, panificatore romano e rappresentante del Richemont Club, organizzazione internazionale della panificazione di qualità, ha parlato chiaro: “É  impossibile fare a meno di questo ingrediente straordinario, che non si limita a far crescere il pane, ma lo rende croccante, ne migliora il colore, lo fa diventare più gustoso. La pandemia ci ha insegnato che dobbiamo poter contare su una filiera tutta italiana, evitando così problemi di approvvigionamento. Inoltre, il rapporto diretto con i produttori nazionali è un’ulteriore garanzia di qualità”.

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