Negli ultimi anni le tendenze in materia di consumi di alcolici sono state caratterizzate da una forte discontinuità, registrando alti e bassi che nel 2025 sembrano destinati ad essere ancora più significativi. A connotare lo scenario a livello globale, dove è evidente il calo delle vendite nelle principali categorie di alcolici, sono diversi fattori.
Sicuramente cresce il peso delle campagne anti alcol, ormai all’ordine del giorno, alcune delle quali di carattere fortemente istituzionale, come quella annunciata pochi giorni fa dal consigliere della Casa Bianca in materia di sanità che ha aperto alla possibilità negli Usa di introduzione di un sistema di etichettatura con alert per i consumatori sui rischi di cancro connessi con il consumo di bevande alcoliche.
Non da meno inasprimenti come quelli introdotti dal nuovo Codice della Strada in Italia per il reato di guida in stato di ebbrezza che hanno avuto come inevitabile effetto un immediato ridimensionamento dei consumi fuori casa, in particolare in un periodo, come quello delle festività, atteso dai ristoratori proprio per la tradizionale propensione al brindisi e alla richiesta di alcolici.
Molto sta cambiando anche nell’approccio al mondo degli spirits da parte delle nuove generazioni, come sottolinea l’ultimo rapporto di Nelson IQ, con il mancato o limitato ingresso nella categoria da parte dei bevitori della Generazione Z rispetto agli altri gruppi socio demografici. Il loro modo di intendere i consumi si basa infatti su credenze e criteri di selezione completamente diversi rispetto a quelli ai quali il mercato era tradizionalmente avvezzo: attenzione alla provenienza del prodotto, alla sua qualità in termini di sostenibilità, e possibilità di accedere a livelli di alcolicità nell’ambito di una sessione di consumo che siano anche progressivi.
Il tema del benessere e della salute dunque diventa sempre più centrale e stimola la sensibilità non solo delle giovanissime generazioni, condizione che ha portato ad una impennata nei consumi di prodotti alcol free, in particolare nella categoria RTD, come sottolineato dai dati di ISWR che parlano di una crescita incrementale prevista di oltre 4 miliardi di dollari entro il 2028.
Così sempre più aziende ampliano la gamma con soluzioni che azzerano il livello alcolico, con primi esperimenti significativi anche nel segmento del lusso trainati da Moët Hennessy di Lvmh che due mesi fa ha acquisito il 30% del marchio French Bloom noto per la produzione di spumante dealcolato.
Inutile nascondere che per gli osservatori e gli operatori quello che è appena iniziato è un anno destinato a essere critico per il settore, con i consumatori che dopo la fase di euforia post pandemica sono progressivamente tornati anche ad essere sempre più attenti alla spesa, condizionati dagli effetti dell’inflazione. Ad incidere anche la politica protezionistica sbandierata in campagna elettorale dal neo eletto presidente degli USA Donald Trump, con lo spettro di nuovi dazi ad aleggiare non solo sui prodotti europei e il rischio di pesanti perdite per settore Wine & Spirits a livello globale con aumenti dei costi almeno del 10%.
Uno scenario così complesso richiederà non solo un costante monitoraggio delle tendenze ma anche una loro lettura attenta da parte del tessuto produttivo per poter adottare corrette strategie in risposta alle esigenze emergenti che si mostrano sempre più mutevoli ed eterogenee.
Leggi l’articolo anche su Horecanews.it e MixologyItalia.com