L’olio d’oliva è l’icona dell’Italia che sa fare, che crea occupazione e benessere ed esporta uno stile di vita salutare e sostenibile in tutto il mondo. Per difendere questo prodotto in tempi di rincari e crisi dei consumi, è prioritario costruire una prospettiva di sviluppo e rafforzamento dell’industria di settore e dell’intera filiera, valorizzando così tutto il Made in Italy. Questo il messaggio che ASSITOL, l’Associazione Italiana dell’industria olearia, ha lanciato in occasione del convegno “Olio d’oliva: l’Italia che fa bene”, alla presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni e dell’associazionismo di settore.
Durante l’incontro, che rientra nelle iniziative della Giornata Nazionale del Made in Italy, è emerso il ruolo dell’industria olearia che, da decenni, porta in giro per il mondo uno degli ambasciatori dell’italianità. “Questo alimento straordinario – ha ricordato Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di ASSITOL – ha conquistato le tavole degli italiani e la platea internazionale. Molto si deve alla diffusione della Dieta mediterranea, ma ad iniziare questo percorso sono stati i grandi marchi italiani che, a fine ‘800, hanno dato il via ad una storia di coraggio e inventiva giunta fino ad oggi”. Oggi il settore occupa, tra dipendenti diretti e indotto, circa 15mila persone, per un fatturato, nel 2023, di oltre 4 miliardi di euro. “Le aziende dell’olio d’oliva devono molto alle tante professionalità altamente qualificate che impiegano: dal master blender al responsabile marketing, dall’assaggiatore all’esperto di innovazione e mercati – ha ricordato Anna Cane -. Il Made in Italy non è un semplice concetto geografico, ma culturale, fatto di competenze, genio creativo, cultura del lavoro, sicurezza alimentare”.
L’Italia è il secondo produttore al mondo di olio d’oliva e mantiene la leadership mondiale del prodotto confezionato. I consumi interni si aggirano tra le 500mila e le 600mila tonnellate. Fuori dai confini nazionali l’olio d’oliva favorisce e accompagna l’export degli altri prodotti della Dieta mediterranea, come pasta, sottoli, pomodoro. “Le aziende – ha affermato la presidente degli industriali di settore – hanno promosso la conoscenza del prodotto facendo crescere la cultura dell’olio nei Paesi non produttori. Basti pensare alle scuole di cucina all’estero, che hanno letteralmente formato tanti estimatori dell’olio e del Made in Italy”.
Per Brunella Saccone, Dirigente dell’Ufficio Agroalimentare dell’Agenzia ICE, lo scenario internazionale offre ancora tante opportunità di crescita da esplorare. “Senza un’adeguata promozione, l’olio d’oliva non avrebbe mai conquistato l’attuale peso nell’export. Molto lavoro resta ancora da fare, e l’ICE, consapevole del potenziale ancora inespresso di questo filone, ha già varato numerosi progetti nell’ottica di valorizzare al meglio il Made in Italy alimentare”. Anche grazie all’extra vergine d’oliva, l’Italia è al decimo posto nella classifica dell’export alimentare.
Secondo i dati ICE illustrati dalla dirigente dell’ufficio agroalimentare, l’Europa è il primo mercato per l’export di olio italiano con il 75% degli scambi all’estero, seguito dal Nord-America e poi dall’Asia orientale e centrale. In ambito europeo, la Germania è il primo mercato per la nostra industria, seguito da Francia, Regno Unito e Spagna.
A livello mondiale, gli Stati Uniti sono il maggior acquirente di olio d’oliva e rappresentano il secondo consumatore al mondo di olio con 375mila tonnellate: entro il 2030 potrebbero superare addirittura l’Italia. “Gli USA sono un caso esemplare – ha sottolineato Saccone – perché addirittura utilizzano un claim salutistico per indicare che questo prodotto è un’alternativa salutare per il cuore rispetto ai grassi di origine animale”.
E’ proprio il valore salutistico e nutrizionale dell’olio d’oliva che potrebbe rivelarsi il miglior driver di sviluppo dei prossimi anni. “La nuova pandemia si chiama obesità. Oggi il 60% degli europei è in sovrappeso. E poiché il 50% del problema dipende dall’alimentazione quotidiana, l’olio d’oliva può dare un contributo determinante in questa battaglia”, ha esordito Elisabetta Bernardi, specialista in Scienza della Salute e autrice di “Superquark” e “Noos”. La scienza, oggi, certifica che i benefici dell’extra vergine sono molto più rilevanti di quanto si pensi. Tutti conoscono gli effetti positivi sul cuore e sul sistema cardiovascolare, ma questo “superfood” della Dieta mediterranea agisce in modo positivo anche su altri organi essenziali per la nostra salute: contrasta l’infiammazione delle arterie, aiuta la salute cognitiva, quindi il cervello, funziona da prebiotico e antibatterico sul microbioma intestinale e contribuisce a ridurre lo zucchero nel sangue, che dipende dal pancreas. “Questi magnifici 5 effetti sul nostro organismo sono la conferma che l’olio, pilastro della Dieta mediterranea, si lega ad un certo stile di vita e incide sul nostro benessere”. Per questa ragione, Bernardi raccomanda 4 porzioni al giorno di questo alimento. “Olio d’oliva significa mangiare in modo salutare, sostenibile e, aspetto da non sottovalutare, conviviale – ha concluso la ricercatrice – mangiare insieme, come avviene nell’area mediterranea, è una delle componenti che più incidono positivamente sulla nostra salute”.
Questo “tesoretto” industriale, economico e salutistico vede però più di una nuvola all’orizzonte. La siccità nel Mediterraneo degli ultimi due anni ha causato un calo produttivo importante, che ha poi determinato l’aumento dei costi e delle quotazioni sul mercato. I rincari energetici e le tensioni internazionali hanno ulteriormente peggiorato lo scenario economico generale. In Italia i consumi hanno retto, registrando comunque un decremento intorno al 10%.
“Questa è una buona notizia, vuol dire che gli italiani sono riluttanti ad abbondonare l’extra vergine – ha rimarcato la presidente degli industriali -. Tuttavia, sarebbe ingenuo pensare che il cambiamento climatico se ne andrà e tutto tornerà a posto. Occorre invece una strategia da pensare tutti insieme: industria, filiera, istituzioni. Come possiamo salvaguardare anche in futuro questo patrimonio, che contribuisce alla salute del Made in Italy e degli italiani?”. Il rilancio dei consumi, secondo ASSITOL, non è una semplice questione di denaro. “Per mantenere sulle nostre tavole la nostra amata bottiglia d’olio dobbiamo comunicare in modo efficace il suo valore con una campagna di educazione alimentare. L’olio è davvero un investimento sulla nostra salute e il suo consumo consente di risparmiare sui costi sanitari in futuro. Dobbiamo far capire che costa qualcosa in più perché vale di più”. Per questa ragione, la presidente degli industriali ha proposto al Ministero delle Imprese, al Ministero della Salute, al Ministero dell’Agricoltura e a quello dell’Istruzione di collaborare per il lancio di iniziative di divulgazione sul “buono” dell’extra vergine.
Sulla stessa linea Brunella Saccone dell’ICE. “L’olio d’oliva è ambasciatore dell’italianità nel mondo, per questo poniamo grande attenzione su questo prodotto, organizzando show cooking, seminari ed eventi di assaggio, con l’obiettivo di costruire una sempre maggiore conoscenza dell’alimento laddove non si è familiarizzato con l’alimento. Più lo si conosce, più lo si consuma. Intendiamo continuare ad impegnarci nelle attività di ‘education’, perché siamo coscienti che il nostro export, già forte, può espandersi ancora”.
Accanto alla divulgazione, in Italia e fuori, anche la scienza vuole fare la sua parte. Elisabetta Bernardi ha consigliato di aumentare le occasioni di consumo. “Oltre al pranzo e alla cena, l’olio d’oliva può trovare spazio anche a colazione – ha suggerito -. Per cominciare bene la giornata, il pane, condito con olio extra vergine e pomodoro fresco, rappresenta un concentrato di sapore ed energia. Ma l’olio può anche essere aggiunto nei frullati oppure essere utilizzato a merenda sulla bruschetta. Ogni bottiglia contiene 100 porzioni di extra vergine: impieghiamole bene, senza sprechi e con gusto”.