Alla scoperta dell’Americano: storia, ricetta e cinema

“Padre” del Negroni e popolarissimo in tutto il mondo, l’Americano è stato uno dei primi cocktail creati in Italia. Oggi perfetto per il trend low alcol.

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Il noto bartender e ricercatore della mixology Luca Picchi, qualche anno fa, nel ricostruire meticolosamente la vera storia del Negroni fissò anche un punto fermo su un altro storico cocktail italiano, notissimo in tutto il mondo, l’Americano. Stabilendo cioè, senza alcun dubbio, che quest’ultimo – composto da due ingredienti tipici della liquoristica di casa nostra, vermouth e bitter, con un’aggiunta di soda – è il “padre” del Negroni, che – come spiegato nell’approfondimento dedicato al cocktail realizzato da Nicole Cavazzuti – ne rappresenta una vera e propria variante (con gin al posto della soda) voluta dal conte fiorentino Cammillo Negroni.

Se dunque l’Americano è un punto fermo nella storia del Negroni, molte meno sono le certezze sulle sue, di origini. Per fare un po’ di chiarezza ci affidiamo allora, tra gli altri, a un ulteriore storico della miscelazione, Mauro Mahjoub, che – insieme con Lucio Tucci – all’argomento ha dedicato il libro “L’ora dell’Americano” del 2021.

Innanzi tutto, però, smentiamo una leggenda accreditata in passato, secondo cui il drink sarebbe stato creato in onore del grande pugile italiano Primo Carnera quando, il 29 giugno 1933, conquistò il titolo mondiale dei Pesi Massimi, battendo Jack Sharkey al Madison Square Garden di New York.

Nulla di vero, come insegna proprio la storia del Negroni, che sappiamo essere nato a Firenze verso il 1919 come, per l’appunto, “l’Americano alla maniera del conte Negroni”: segno inequivocabile che l’Americano era già ben conosciuto almeno una quindicina di anni prima dell’impresa di Carnera.

Quel tocco di soda che piace agli americani

Per alcuni, piuttosto, il drink sarebbe un’evoluzione del Milano-Torino, un mix di vermouth rosso di Torino e bitter Campari creato dallo stesso Gaspare Campari dopo il suo trasferimento a Milano nel 1862. E proprio al Caffè Camparino, inaugurato nel 1915 all’ingresso della Galleria Vittorio Emanuele nel capoluogo lombardo, l’Americano sarebbe stato creato aggiungendo una spruzzata di soda al Milano-Torino, così da venire incontro ai gusti proprio dei turisti americani (di qui il nome), notoriamente abituati a trangugiare ettolitri di bibite gasate.

Questa storia sarebbe in parte vera, ma andrebbe retrodatata a fine Ottocento, quando – come confermato da alcuni scritti dell’epoca – si diffuse una miscela di bitter, vermouth e selz che stuzzicava l’appetito e preparava alla digestione. Per questo, secondo Majoub e Tucci l’Americano sarebbe stato il primo vero cocktail nato in Italia e non un twist del Milano-Torino, della cui ricetta non si trova traccia scritta prima del 1936. Semmai, è il Milano-Torino a rappresentare una variante, senza soda né gin, di Americano e Negroni.

Portabandiera del low alcol

Con una gradazione alcolica attorno all’11% vol. (che può essere ulteriormente ridotta abbondando con la soda), l’Americano è un perfetto rappresentante della miscelazione low alcol, oggi sempre più al centro dell’attenzione di consumatori e produttori.

Non a caso, già lo scorso anno, al Roma Bar Show, un brand iconico come Martini ha puntato proprio su un twist più leggero di questo cocktail (con 40 ml di Martini Riserva Speciale Bitter, 40 ml di Martini Rosso e 60 ml di soda) per promuovere le proprie referenze in questo segmento del mercato.

Credits foto: Nicole Cavazzuti

La ricetta IBA dell’Americano 

Nonostante la sua storia e la sua popolarità, l’Americano non venne incluso nella prima codifica IBA, nel 1961. L’associazione internazionale dei bartender rimediò in occasione della prima revisione, datata 1986; oggi il cocktail è incluso nella sezione Unforgettables del ricettario ufficiale.

Tecnica: Build

Bicchiere: Old fashioned

Ingredienti:
30 ml bitter Campari
30 ml vermouth rosso
spruzzata di soda

Garnish: mezza fetta di arancia, scorza di limone

Preparazione: versare gli ingredienti direttamente nel bicchiere riempito di ghiaccio e mescolare delicatamente.

Le varianti

Abbiamo già detto di come il Negroni, di per sé, non sia altro che una variante dell’Americano. E proprio come il Negroni, l’Americano è uno dei cocktail più personalizzati e personalizzabili al mondo. IBA suggerisce ad esempio di giocare sui diversi tipi di vermouth oppure sugli aperitivi che possano sostituirli, come ad esempio il Byrrh.

Si può anche utilizzare una soda al tè nero e bergamotto oppure allo zafferano e incenso, o ancora ai pomodori secchi. Ma è anche possibile realizzare un cordiale Mi.To composto da Bitter Campari, sciroppo d’acero nonché vermouth rosso infuso ai pop corn.

L’Americano in letteratura e al cinema

Certo, sappiamo che il classico cocktail di James Bond è il Vesper Martini “agitato non mescolato”. Però è proprio un Americano il primo drink ordinato dall’agente 007 nel corso della saga letteraria, per la precisione in “Casino Royale” del 1953, primo capitolo della serie firmata da Ian Fleming.

Ma il cocktail italiano ha addirittura il ruolo del protagonista nel film “Americano Rosso” del 1991, opera prima (pressoché dimenticata) del regista Alessandro D’Alatri, tratta dall’omonimo romanzo di Gino Pugnetti. In particolare, è il drink preferito del protagonista della vicenda ambientata negli anni Trenta, uno dei periodi di massima popolarità dell’Americano.

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