AssoBirra: ridurre accise a livello 2023 per tornare a crescere

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In vista dell’approvazione della Legge di Bilancio 2025, AssoBirra, l’associazione di categoria che rappresenta il settore della birra in Italia, ha rivolto una richiesta formale al Governo per ridurre le accise sulla birra di 2 centesimi e ripristinare gli sconti per i birrifici artigianali fino a 60.000 ettolitri. Queste misure porterebbero le accise a 2,97 euro per ettolitro grado Plato, riportando il settore ai livelli precedenti all’ultimo aumento, in un contesto di mercato birrario in contrazione e che ha registrato una perdita superiore al 5%. Alfredo Pratolongo, Presidente di AssoBirra, ha sottolineato l’urgenza di offrire certezze agli imprenditori che intendono investire, chiedendo la fine dell’adozione di misure temporanee.

Il settore birrario prima e dopo la pandemia

Prima dell’emergenza legata alla pandemia da Covid-19, il settore birrario italiano mostrava un trend di crescita sostenuto, caratterizzato dallo sviluppo di nuove realtà artigianali e da significativi investimenti industriali. Questa fase era contrassegnata anche dal lancio di nuove birre e da una forte spinta commerciale dei marchi storici italiani, che avevano facilitato un uso crescente di materie prime agricole nazionali e l’adozione di ricette locali. Tuttavia, dopo la pandemia, esaurito il rimbalzo del 2022, il mercato ha subìto una brusca inversione di tendenza a causa delle spinte inflattive e dell’erosione del potere d’acquisto. Nel 2023, la produzione è calata a 17,4 milioni di ettolitri, segnando un decremento del 5,02% rispetto all’anno precedente, mentre i consumi nazionali si sono attestati a 21,2 milioni di ettolitri, con una contrazione del 5,85%.

La situazione attuale e le prospettive future

Il primo semestre del 2024 ha confermato la difficoltà del settore, con la produzione e il mercato interno che continuano a mostrare segni di sofferenza. I consumi rimangono stagnanti, principalmente a causa dell’aumento delle birre importate, che ha registrato un incremento del 10,2%. Spiega Pratolongo: “Le dinamiche degli ultimi 18 mesi confermano l’esistenza di una correlazione inversa tra l’aumento delle accise e l’andamento del mercato, in particolare la competitività della produzione nazionale. Dopo il primo aumento di gennaio 2023 il comparto è entrato in una contrazione che si è protratta dopo il secondo aumento a gennaio 2024. Nel primo semestre del 2024, i dati riportano un aumento delle importazioni da Paesi europei con una tassazione fino a quattro volte inferiore a quella italiana, consentendo alle aziende che esportano di essere di fatto più competitive, poiché il prezzo, soprattutto in un contesto di ridotto potere d’acquisto, ha un impatto significativo”.

L’impatto delle accise sulla filiera birraria

Nonostante le difficoltà, il settore birrario rappresenta un patrimonio culturale ed economico per l’Italia, contribuendo alla creazione di ricchezza e occupazione lungo una filiera che va dal campo ai punti di consumo, come bar e ristoranti, impiegando circa 103.000 persone. Tuttavia, le accise gravano su tutta la filiera, colpendo i produttori, già alle prese con costi in crescita, riducendo i margini per i rivenditori e influenzando infine il prezzo finale pagato dai consumatori. In particolare, circa 80 centesimi del costo di una birra alla spina sono attribuibili all’accisa, mentre per una bottiglia da 0,66 litri, il formato più venduto nei supermercati, le accise rappresentano circa il 40% del prezzo di vendita.

“Per continuare a investire e mantenere competitività, la filiera della birra ha oggi bisogno di sostegno da parte del Governo”, afferma Pratolongo. “Siamo consapevoli delle difficoltà del momento e, proprio per questo, chiediamo che la prossima Legge di Bilancio preveda una riduzione, anche minima ma stabile, delle accise sulla birra. La birra è, infatti, l’unica bevanda da pasto gravata da accise e il differenziale va ridotto. L’accisa, per la sua struttura, è una tassa regressiva che ha quindi un peso elevatissimo proprio sulle birre più popolari, sulle quali i consumatori pagano una tassazione iniqua”, conclude.

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