Alla scoperta del White Lady: storia, curiosità e ricetta​ di un drink senza tempo

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Un cocktail con una storia affascinante, elegante e raffinato”, ci aveva detto una volta Patrick Pistolesi, fondatore del Drink Kong di Roma. Condividiamo il pensiero. Pare che persino F. Scott Fitzgerald, autore de Il grande Gatsby e amante dei cocktail a base di gin, lo apprezzasse particolarmente.
Come molte icone della mixologia, anche il White Lady ha una storia avvolta nel mistero. La sua creazione viene attribuita a Harry MacElhone, celebre bartender del Ciro’s Club di Londra, che nel 1919 serviva una versione molto diversa da quella attuale: un mix di brandy, Crème de Menthe e Cointreau.

Fu solo negli anni successivi, nel suo Harry’s New York Bar di Parigi, che MacElhone avrebbe riformulato la ricetta, sostituendo il brandy con il gin. Tuttavia, non esistono prove certe di questo passaggio.

La versione moderna, quella che conosciamo oggi, appare per la prima volta nel 1930 grazie a Harry Craddock, leggendario bartender del Savoy Hotel di Londra, che la pubblicò nel Savoy Cocktail Book. La sua formula – gin, succo di limone e Cointreau – divenne rapidamente la più popolare, superando la ricetta originale di MacElhone. Alcuni storici, però, sostengono che il vero creatore del White Lady sia stato Victor Cabrin, bartender del Grosvenor House Hotel alla fine degli anni ’20.

Perché si chiama White Lady

Secondo una teoria non provata, il drink sarebbe stato ideato per una donna vestita di bianco che, colta da malore al Ciro’s Club nel 1919, si riprese dopo averlo sorseggiato. Un’altra ipotesi lega il cocktail alla tennista Suzanne Lenglen, frequentatrice del Ciro’s e dell’Harry’s Bar. Lenglen era nota per il suo stile di gioco rivoluzionario e per il suo completo bianco a Wimbledon. Alcuni storici collegano il nome all’opera La Dame Invisible di François-Adrien Boieldieu, mentre negli USA si racconta che il cocktail fosse un omaggio alla leggendaria Ella Fitzgerald, famosa per i suoi abiti bianchi e le esibizioni su Sophisticated Lady.

Foto Nicole Cavazzuti

La ricetta ufficiale IBA del White Lady IBA – International Bartenders Association

Il White Lady è stato inserito tra i cocktail ufficiali IBA (International Bartenders Association) fin dal 1961, poi rimosso nel 2004 e infine reintegrato nel 2011.

Tecnica:

Shake and Strain

Bicchiere:

Coppetta da cocktail
Ingredienti

  • 40 ml gin
  • 30 ml triple sec
  • 20 ml succo di limone fresco

Preparazione

  1. Riempire uno shaker con ghiaccio.
  2. Versare gin, triple sec e succo di limone.
  3. Agitare energicamente per 10 secondi.
  4. Filtrare nella coppetta da cocktail precedentemente raffreddata.

Le varianti più creative del White Lady

Nel tempo, il White Lady ha ispirato numerose reinterpretazioni, alcune delle quali suggerite anche da IBA. Ecco qualche idea . Dimmi cosa cerchi e ti diremo come farlo…

una versione più fresca: sostituire il succo di limone con un candied citrus cordial o un cucumber citrus juice per una nota più delicata
maggiore complessità: l’aggiunta di limone lattofermentato con foglie di kefir dà carattere al drink.
equilibrio perfettoprova il supasawaun mix di cinque acidi (citrico, malico, tartarico, succinico e fosforico) che bilancia i sapori in modo impeccabile.
texture innovativa: la versione sgroppino trasforma il White Lady in un raffinato sorbetto al limone.

White Lady nel cinema: un’icona noir

Il fascino senza tempo di questo cocktail ha conquistato anche il grande schermo, ma meno di altri drink. Lo vediamo per esempio in Dead Men Don’t Wear Plaid (1982), parodia noir con Steve Martindove il detective Rigby Reardon ordina un White Lady in un elegante bar, mentre interroga una misteriosa femme fatale, avvolto dal fumo di sigarette e da luci soffuse.

White Lady nella musica

Citato nel brano All’una e trentacinque circa di Vinicio Capossela, il drink è citato insieme a Negroni, whisky e Coca, Camparino con la soda, Tequila bum bum, Dry gin, Charrington, Four Roses bourbon, Bacardi rum, birra Beck’s, Chimay… Del resto il brano (che dà il titolo al primo album del cantautore, del 1990) è dedicato proprio ai gestori dei locali in cui Capossela si esibisce la sera:serate che finiscono dopo luna e trentacinque, appunto, dopo aver servito tanti drink ai clienti.


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