J.Rose omaggia Milo Manara con una bottiglia d’autore in edizione limitata

Prenotazioni aperte fino al 10 agosto per il tributo al maestro dell’eros. Nicole Cavazzuti intervista il fondatore del brand, Dario Roselli.

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C’è una sottile linea che separa l’illustrazione dalla memoria, il design dalla riconoscenza, l’arte dal marketing. E poi ci sono casi in cui queste distinzioni si dissolvono, come accade nella nuova edizione limitata di J.Rose, nata per celebrare gli ottant’anni di Milo Manara.

Che Milo Manara abbia firmato ogni etichetta di J.Rose, sin dalla prima bottiglia, non è un dettaglio ornamentale: è la traccia visibile di un patto culturale, quasi una forma di co-autorialità. Ma qui si va oltre. Perché questa non è una nuova variazione della consueta collaborazione: è un gesto deliberatamente celebrativo, pensato per fermare il tempo – o almeno incorniciarlo – proprio in coincidenza con l’ottantesimo compleanno del maestro.

Il gin resta lo stesso, nella sua eleganza botanica. Cambia tutto il resto: l’etichetta è inedita e a tiratura limitata, il tappo diventa scenico, il pugnale si fa simbolico. Sul fondo, un logo illustrato con 80 simboli – uno per ogni anno di Manara – accompagna un’immagine inedita, che verrà svelata il 12 settembre, giorno della sua nascita. L’edizione sarà prodotta solo su prenotazione, entro il 10 agosto, e senza aumento di prezzo: scelta nobile, quasi ideologica, contro ogni deriva speculativa.

Ne parliamo con Dario Roselli, fondatore e anima creativa di J.Rose.

Dario, cominciamo dall’inizio. Perché proprio ora un’edizione speciale dedicata a Milo Manara?

L’idea è nata in modo naturale, quasi necessario. Milo Manara compie ottant’anni e, per noi, non è soltanto una ricorrenza anagrafica: è il momento per restituire qualcosa. È stato lui a dare il volto – o meglio, l’immagine – fin dalla nostra prima collezione. 

Quante bottiglie saranno realizzate?

Dipende da quante prenotazioni riceveremo entro il 10 agosto. Abbiamo comunque fissato un tetto massimo, che potremmo raggiungere anche prima. 

Eppure, mi pare che il prezzo resti invariato, nonostante l’evidente aumento dei costi…

Esattamente, abbiamo deciso di non alzare il prezzo perché non vogliamo speculare su un omaggio. Chi sceglie questa bottiglia, acquista un frammento di storia, non un prodotto da rivendere.

Mi incuriosisce il dettaglio del fondo: 80 simboli?

Sul fondo, sì, dove c’è il nostro logo cartaceo, abbiamo voluto inserire 80 micro-simboli, uno per ogni anno del maestro. Sono tutti simili, ma variano nelle dimensioni, componendo una texture sottile che accompagna l’immagine principale – inedita – che si sviluppa sulla spalla della bottiglia. Un modo, anche questo, per raccontare una vita attraverso il segno.

E il sottobottiglia luminoso?

Volevamo qualcosa che valorizzasse l’immagine anche in un contesto visivo contemporaneo. Abbiamo chiesto al produttore un effetto luminoso unico, mai realizzato prima, coerente con il disegno. È un esercizio di estetica, ma anche un ponte tra arte e consumo visivo digitale.

Tempistiche: prenotazioni entro il 10 agosto, poi?

Il 10 agosto chiudiamo le prenotazioni e iniziamo subito la produzione. Il 12 settembre, giorno del compleanno di Manara, sveleremo l’immagine in un evento online. Le spedizioni partiranno intorno al 20 settembre.

Parliamo dell’estate: che fa J.Rose?

Ci stiamo concentrando molto sulla promozione del Tequila: farlo conoscere, farlo assaggiare. È un lavoro di presenza e ascolto. Certo, l’estate è anche un momento in cui molti operatori sono impegnati, quindi rispettiamo i loro tempi.

Partecipate a festival o eventi musicali?

No, non facciamo sponsorizzazioni di concerti o festival. Preferiamo le fiere di settore: Bar Convent a Berlino, Roma Bar Show, e Beer Food Attraction a Rimini.

Tiriamo le somme. Com’è andata la prima metà del 2024 per J.Rose?

Molto bene. L’etichetta Flamenco è stata un successo immediato ed è già esaurita. Tra una decina di giorni dovrebbe tornare disponibile. Il Tequila è stato accolto con entusiasmo: piace il prodotto, piace il concept, piacciono le etichette.

Quanto pesa l’export sul vostro fatturato?

Stiamo crescendo grazie alle fiere internazionali: oggi esportiamo in 36 paesi.

L’instabilità politica e i conflitti influiscono?

Molto. La gente spende meno: meno ristoranti, meno cocktail bar, meno vino. E non per colpa degli esercenti, ma per una catena economica più profonda. Noi stiamo tenendo i numeri dello scorso anno, ma in un contesto più sereno avremmo potuto crescere. Ne sono certo.

Lo zero alcol: lo cavalcate?

No. Noi siamo puristi. Ogni bottiglia J.Rose racconta un’idea. Il gin è il mezzo, ma ciò che offriamo è un concetto. Se fosse solo una questione di prodotto, avremmo cambiato ricetta a ogni edizione. Invece il nostro gin è sempre quello: eccezionale, riconoscibile, coerente. È la visione che cambia.

Ecco, appunto. Perché J.Rose a parità di prezzo è spesso preferito ad altri gin premium?

Perché, oltre al contenuto – ottimo, lo dico senza presunzione – offriamo un sistema estetico, narrativo, emozionale. Chi compra J.Rose sente di acquistare “tanta roba” senza pagare un surplus. È un’esperienza culturale più che alcolica.

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