Fu un’intuizione geniale, quella che nel dopoguerra avrebbe segnato la carriera di Rino Dondi Pinton, di professione distillatore, ma anche il mercato della liquoristica italiana e mondiale: l’idea di realizzare un liquore utilizzando come ingrediente principale il carciofo, così da sfruttarne le benefiche proprietà digestive e detossinanti.
Pinton ci ha lasciato ieri, 3 marzo, all’età di 103 anni, ma il Cynar, nato da quell’intuizione condivisa con l’imprenditore Angelo Dalle Molle, è oggi più vivo che mai, dopo essere stato il liquore simbolo degli anni del boom economico. Quando fu al centro anche della cultura di massa: chi ha almeno qualche capello bianco non può non ricordare il Carosello in bianco e nero degli anni ’70, in cui il grande attore Ernesto Calindri, seduto a un tavolo nel bel mezzo del caotico traffico cittadino, elogiava imperturbabile le doti dell’amaro “contro il logorio della vita moderna”.
L’amaro al carciofo che “fa bene al fegato”
Nato nel 1922 in una piccola città del Veneto, fin da giovane Rino Dondi Pinton mostrò una grande passione per botanica ed erboristeria. Dal 1938 lavorò al Gran Bar Pezziol di Padova, proprio accanto al Gran Caffè Pedrocchi e dopo la guerra prese il posto del padre come responsabile della produzione alla distilleria G.B. Pezziol, famosa già dalla metà dell’Ottocento per il suo Vov, liquore a base di uovo. E quando Angelo Dalle Molle – dal 1935 proprietario dell’azienda con i fratelli Amedeo e Mario – chiese di trovare la formula dell’”amaro del momento” che “facesse bene” (come del resto asserivano un po’ tutte le réclame degli amari nati durante il boom economico), Pinton mise a punto nel 1948 la ricetta (tutt’oggi segreta) con foglie di carciofo e altre 13 botaniche, che conferivano al prodotto finale un sapore inconfondibile.
Chiamato inizialmente CaB1 nella fase di sperimentazione, l’amaro divenne Cynar l’anno successivo (dal nome scientifico del carciofo, cynara scolymus) e fu lanciato sul mercato nel 1952 ottenendo rapidamente un ottimo successo in Italia e all’estero, complici una buona organizzazione della distribuzione e un ampio apprezzamento dovuto alla gradazione alcolica contenuta (16,5%), sottolineata in seguito dallo slogan “l’amaro vero, ma leggero”. La massima popolarità giunse fra gli anni ’60 e ‘70, grazie proprio alle innovative campagne pubblicitarie con testimonial prima Ferruccio Ceresa e poi il già ricordato Calindri, in cui si lasciava intendere che Cynar facesse bene al fegato per effetto della cinarina contenuta nei carciofi.
Alla diffusione internazionale contribuì lo stesso Pinton, che per anni portò il “suo” prodotto in mezzo mondo, dall’Europa al Sud America fino al Giappone, inaugurando fra l’altro nuovi stabilimenti in Svizzera e Brasile. Fino a quando, nel 1965, pur continuando a collaborare con il gruppo Grandi Marche Associate dei fratelli Dalle Molle, si mise in proprio aprendo a Campodarsego la distilleria Sipla, oggi gestita dai nipoti.
Il logorio degli anni ‘80 e il rilancio nel nuovo millennio
A partire dagli anni ’80, il Cynar visse un periodo di appannamento, anche per le traversie societarie dell’azienda produttrice, passata agli inizi del decennio all’olandese Lucas Bols: la stagione del boom e i caroselli erano ormai un ricordo e la nuova proprietà non sembrava credere granché nell’amaro al carciofo, evidentemente ritenuto fuori moda mentre sul mercato si imponevano concorrenti dal gusto più delicato e più abili a cavalcare i nuovi linguaggi della pubblicità, dai quali non a caso scaturì il claim “Milano da bere”, destinato a definire un’intera epoca della storia italiana.
Il riscatto del Cynar sarebbe arrivato dopo l’acquisto da parte di Campari, nel 1995. A seguito dell’acquisizione nel 2003 di Aperol, altro storico prodotto in cerca di rilancio, il gruppo milanese fu protagonista di un’efficace campagna di marketing che rese popolare a livello mondiale lo Spritz, tradizionale aperitivo veneto, puntando ovviamente sulle versioni basate sui suoi spiriti: Aperol in primis, ma anche il proprio celebre bitter e, appunto, Cynar. E nel 2007 il mitico spot con Ernesto Calindri attorniato dalle auto venne riproposto, attualizzato in chiave ironica, con protagonisti Elio e le Storie Tese.
Certo, la comunicazione che ha riportato l’amaro padovano all’attenzione delle nuove generazioni non fa più accenno a (presunti) benefici per il fegato. Giustamente. Però chissà: vista la salute che ha accompagnato la lunga vita del suo artefice (nel 2022, da tempo in pensione ma ancora in forma per i suoi 100 anni, Pinton aveva ricevuto dal presidente della Repubblica Mattarella l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce), forse Calindri non aveva tutti i torti…
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