Yurt: ​intervista al papà della vodka kazaka che conquista i bartender

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A volte una cena cambia la vita. È successo a Christoph Scholz, 32 anni, economista di formazione e spirito internazionale, quando ha conosciuto la cultura del Kazakistan e, soprattutto, la sua vodka. Da lì, un’idea: trasformare quella scoperta in un progetto concreto, fatto di qualità, design e momenti da condividere. Nasce così Yurt (leggi di più sul prodotto in questo nostro articolo), vodka premium dal cuore centroasiatico e vocazione cosmopolita, che oggi si presenta al pubblico italiano nei migliori locali e festival di mixology. Noi l’abbiamo assaggiata durante la Florence Cocktail Week.

Come nasce Yurt?
Tutto è iniziato in Kazakistan, dove la vodka viene spesso usata come da noi il vino a tavola: si beve liscia, in piccoli shot tra un boccone e l’altro. Ho scoperto una qualità altissima, una purezza dell’acqua e del grano sorprendente. Così è scattata l’idea: creare un prodotto che raccontasse quella cultura, ma con un respiro contemporaneo.

Cosa rende unica la vostra vodka rispetto a tante altre?

La morbidezza. La nostra vodka è il risultato di una materia prima eccellente – acqua purissima e grano del nord Kazakistan – e di un processo di filtrazione molto accurato. Non parliamo di numero di distillazioni, ma di sette livelli di filtrazione, tra cui carbone di betulla, sabbia di quarzo, argento… La nostra vodka è pulita, elegante, non graffia il palato. È come una stretta di mano sicura, che ti sorprende per il calore con cui arriva. Ed è apprezzata anche in miscelazione.

Come si gusta nel modo migliore?

Io la bevo liscia: così si apprezza davvero la qualità. Ma funziona benissimo anche in drink come Cocktail Martini, Vodka Tonic, o ancora meglio Vodka Soda: tutte combinazioni dove la purezza del distillato fa la differenza.

Perché il nome “Yurt”?

La yurta è la tenda tradizionale dei popoli nomadi dell’Asia centrale. Un simbolo di accoglienza e incontro. Vogliamo essere esattamente questo: facilitatori di momenti autentici, dove le persone si incontrano, condividono, si conoscono. È un omaggio alla cultura centroasiatica, ma anche una metafora moderna per un mondo sempre più nomade. Oggi non ci definiscono più i luoghi, ma le persone con cui scegliamo di condividere qualcosa. La yurta è il nostro simbolo di ospitalità.

Chi ha curato il design della bottiglia?
Un designer portoghese specializzato in packaging per il beverage. Io ho dato l’input: volevo che riprendesse le linee architettoniche della yurta. Il risultato è una bottiglia elegante, che gioca con trasparenze e incisioni. Il simbolo riprende il “Shanyrak”, la parte centrale della yurta, simbolo di incontro e unità nella cultura kazaka.

Dove producete la vodka e con chi lavorate?
Produciamo in Kazakistan, con una delle principali distillerie locali, selezionata anche per l’accesso a sorgenti d’acqua eccezionali. Il nostro team è snello ma molto operativo: 5 persone core, più diversi collaboratori esterni per marketing, PR, eventi. Il nostro approccio è collaborativo e multidisciplinare, proprio come il progetto stesso.

Come vi state posizionando sul mercato italiano?

Abbiamo lanciato la prima produzione a fine 2023 e siamo attivi commercialmente sul mercato italiano ed europeo da gennaio. Lavoriamo per il momento con distribuzione diretta e puntiamo a inserirci in locali di qualità. Il nostro target è un pubblico attento, che cerca prodotti premium e vuole anche una storia da raccontare.

Avete partecipato alla Florence Cocktail Week. Perché questa scelta?
Ci sembrava perfetto per far conoscere Yurt in un contesto dove il dialogo con bartender e locali è diretto. Abbiamo fatto diversi guest shift, anche con bartender kazaki venuti apposta, grazie al supporto di Paola Mencarelli, organizzatrice della Florence Cocktail Week, e Arina Nikolskaya, founder del progetto SHIFT e Academy Chair dei 50 Best. È stata un’occasione importante anche per creare contenuti: foto, video, storytelling da portare avanti nel tempo.
Abbiamo portato un foto/videomaker dedicato, proprio per raccogliere materiali di qualità e valorizzare ogni momento. Le cinque guest shift non sono state casuali: sono state pensate una a una, per inserirsi in locali coerenti con il posizionamento del brand, confrontarsi con professionisti del settore e raccogliere feedback reali su come la vodka viene percepita in miscelazione. In questa fase ogni evento ha un valore doppio: comunicativo e di ascolto. La Florence Cocktail Week è stata la piattaforma perfetta per questo dialogo diretto e ringrazio gli organizzatori per l’incredibile lavoro svolto.

Avete una yurta vera?
Sì! È stata realizzata da artigiani kazaki. Non è completa, ma aperta, proprio per permettere installazioni mobili durante eventi. L’idea è di portarla in giro, usarla come spazio esperienziale, anche con abbinamenti food. Ma non vogliamo essere solo “kazaki”: parliamo al Centro Asia in generale, e a chi ama scoprire.

Che ruolo hanno i social per voi?

Importantissimo. Ci aiutano a costruire il brand e diffondere la cultura del prodotto. Stiamo creando contenuti con professionisti del settore, cocktail, ricette, eventi. L’obiettivo è costruire un racconto coerente e coinvolgente. Il vero investimento non è nell’advertising, ma nei contenuti. Fare social è come fare un piccolo giornale ogni mese: serve visione, costanza e qualità. Abbiamo anche fatto una canzone propria del brand, Dala, per trasmettere che vogliamo essere più di un brand di vodka: vogliamo trasmettere un’esperienza.

Prossimi passi?
A maggio saremo al Roma Bar Show con uno stand nostro. Poi abbiamo in programma nuovi eventi e una strategia più ampia che include anche il mondo della musica, dei DJ e del design. Vogliamo far scoprire Yurt a chiunque abbia voglia di qualcosa di nuovo, autentico, che unisca culture e storie.

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it e MixologyItalia.com