Italia nel bicchiere: il Grand Tour liquido di Marco D’Aiuto al Quadri Bistrot di Milano

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Quadri Bistrot di Milano, restaurant cocktail bar in via Solferino aperto da Riccardo Quadri due anni e mezzo fa, ha cambiato pochi giorni fa il menù drink and food e in occasione del Salone del Mobile amplia la sua offerta e si trasforma in un vero e proprio hub gastronomico attivo dal mattino fino a tarda sera.

CINQUE MOMENTI AL GIORNO: IL FORMAT SALONE DI QUADRI

Oltre al consueto servizio di pranzo, aperitivo e cena, per una settimana ci sarà anche la colazione con brioches fresche fatte in casa, biscotti, coppe gelato, frutta fresca e una piccola carta salata.
Dalle 15 alle 18, la cucina propone inoltre due piatti pensati ad hoc: spaghetti al pomodoro (20 euro) e tartare di manzo (25 euro). Ma non è tutto: ci sarà spazio per lo champagne Lallier (15 euro al calice, 80 euro la bottiglia) e per una drink list esclusiva creata con la collaborazione di Cleto Chiarli e realizzata da Marco D’Aiuto.

MARCO D’AIUTO

Classe ’86, napoletano di origine, milanese d’adozione, Marco D’Aiuto è uno di quei professionisti che, dietro al bancone, scrive capitoli di storie italiane a suon di shaker e idee. Al Quadri Bistrot di Milano ha firmato una carta che è un vero e proprio Grand Tour del gusto: otto regioni, otto drink d’autore, sei low alcol e due alcol free (Sicilia e Sardegna).

Il Piemonte è un viaggio multisensoriale tra Barolo Chinato, Pedro Ximénez e tartufo nero; la Toscana una zuppa liquida alla pappa al pomodoro con sciroppo di pane sciocco; l’Emilia un tuffo tra mezcal e parmigiano in infusione, rifinito da una melassa al lambrusco; la Campania un milk punch chiarificato al babà con soda homemade. E ancora: nel cocktail dedicato alla Lombardia c’è lo zafferano del Cardinale, in quello in omaggio alla Puglia una spuma di burrata.

Lo incontriamo in una calda serata di primavera e, drink dopo drink, ci racconta la sua.

L’INTERVISTA

Come nasce la tua carriera da bartender?
È stato un colpo di fulmine. Iniziai quasi per gioco, ma la passione ha preso subito il sopravvento. Da piccolo volevo diventare chef, ma la vita mi ha portato altrove. Appena diplomato come perito elettrotecnico, ho iniziato come cameriere con una società di bar catering molto rinomata a Napoli, Bar in Movimento. E lì sono cresciuto.

Chi sono stati i tuoi maestri?
Tre figure in particolare: Alex Frezza, Salvatore D’Anna (che adoro, è stato il mio vero maestro) e, al Nord, Flavio Angiolillo. Di Flavio ammiro la comunicazione e lo spirito imprenditoriale.

MISCELAZIONE E VINO

Tu sei anche sommelier: come si incontrano vino e cocktail nella tua carta?
Nel cocktail Piemonte (15 euro), ad esempio, ho usato Cognac, Barolo Chinato, Vermouth e Pedro Ximénez. Il tutto invecchiato tre mesi in botte e servito con una lamella di tartufo nero per preparare il palato.

Il vino non è solo da bere in calice, quindi…
Assolutamente no. Per me il vino può essere struttura, memoria e anche sorpresa, se usato con rispetto e creatività.

LA CARTA COCKTAIL COME VIAGGIO IN ITALIA

La tua drink list è un omaggio al territorio. Raccontacela.
Volevo valorizzare l’Italia e i suoi sapori senza rincorrere ingredienti esotici. Ho scelto piatti e materie prime rappresentative per trasformarli in cocktail contemporanei, evocativi e riconoscibili. Alcuni sono tecnicamente complessi – come l’infusione di parmigiano o la chiarificazione del babà – ma sempre leggibili nel bicchiere.

Qual è il tuo preferito tra questi?
Forse la Toscana, perché ci ho vissuto e la pappa al pomodoro è il mio piatto del cuore.

CINEMA, ARTE, COMUNICAZIONE

Stai già lavorando alla prossima drink list?
Sì, sarà ispirata all’arte. Mi piacerebbe unire cinema, arte e mixology e magari sviluppare il concept anche con un calendario di guest a tema.

Come vedi il ruolo dei social oggi per un locale o un bartender?
Fondamentale. Io, lo ammetto, sono un po’ asocial. Ma sbaglio, dovrei usarli di più: oggi comunicare è quasi più importante che creare.

I CLASSICI, I GUSTI E I LIBRI

I tuoi tre cocktail classici preferiti?
Martini, Campari shakerato e Martinez.

E quelli che non ami particolarmente?
Gin Tonic, Clover Club e tutti i tiki. Il Gin Tonic, secondo me, non valorizza il distillato di ginepro, mentre gli altri sono troppo fruttati per i miei gusti.

Il libro fondamentale per chi ama questo mondo?
Il Savoy Cocktail Book. Più ancora del manuale di Jerry Thomas. C’è una poesia in quei drink classici che non passerà mai.

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it e MixologyItalia.com