Suzy Milano: sei anni Di Martini Cocktail e cultura del bere in Via Solferino

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Un cocktail bar interamente dedicato al re dei drink: il Martini Cocktail. Complesso, affascinante, misterioso. Al Suzy, in via Solferino a Milano, il Martini si celebra, si racconta, si evolve. Il menù lo esplora in ogni sua declinazione, e il locale — piccolo, curato, da appena 12 sedute dentro e 12 fuori – è accogliente e informale. E la cosa ci piace. Non mancano i grandi classici, certo, ma al Suzy la filosofia è chiara: il Martini è una religione. Da sei anni.

ATMOSFERA ANNI ’80 E VISIONI NOTTURNE

A rendere speciale questo indirizzo a due passi dalla sede del Corriere della Sera sono le luci al neon rosa, le proiezioni sul muro, l’arredo post-industriale e quell’atmosfera anni ’80 che ti fa venire voglia di ordinare “shaken, not stirred”. Da sapere: Suzy apre dopo le 19, chiude tardi. Perfetto per chi cerca una “camomilla” al gin anche a notte fonda.

INTERVISTA AD ALEX CHIERICHETTI

Cos’è Suzy oggi?
Da quando abbiamo aperto il 3 aprile 2019 siamo un Martini Cocktail Bar. Si possono bere anche altri classici, certo, ma il nostro punto forte è il Martini Cocktail. È la mia passione.

Quali drink tirano di più?
Da sempre il Martini è il più richiesto, più dello Spritz. Ne vado fiero. E poi va tantissimo il Margarita.

Che tipo di clientela avete oggi?
Un mix. Tanti stranieri, ma anche milanesi. Il pubblico si è un po’ ringiovanito nel weekend, mentre in settimana è tra i 30 e i 50 anni.

Lo spazio è piccolo. Come vi organizzate?
Abbiamo 12 sedute dentro e 12 fuori, anche se possiamo arrivare a 15. Ci sono gruppi di clienti fidelizzati che arrivano tardi, spesso ristoratori. Il flusso si è trasformato: da aperitivo a late night.

Avete cambiato anche gli orari?
Sì, apriamo verso le 19:30, a volte anche alle 20. In occasione di eventi speciali, come il Salone del Mobile, allunghiamo gli orari però.

Parliamo di collaborazioni, da diversi anni siete sponsorizzati da Campari Group…
Ci sentiamo parte di una squadra: Dry è il nostro vicino e anche loro sono Campari. Noi siamo Bulldog Point, ma lavoriamo con tutte le loro etichette.

Cosa vi chiedono?
Di mostrare i loro prodotti, esporli, inserirli nella drink list. Chiedono drink iconici come il Whiskey Sour con Wild Turkey… ma senza invadere. E io ci tengo: sono grandi classici che non muoiono mai.

Cosa guadagna un locale da queste collaborazioni?
Marketing, visibilità. Campari in particolare è come una grande madre che osserva da lontano: vogliono il branding, certo, ma non ti impongono troppo.

La collaborazione tra Suzy e Campari è un’esclusiva?
No. Sono flessibili, e questo è un bene. Già lavoravo con etichette in linea con le loro. Non mi hanno chiesto di stravolgere nulla, e questo è stato fondamentale.

IDENTITÀ, STORYTELLING E UNICITÀ

Il format Suzy è stato mai copiato?
No. Il nostro concept di Martini Bar e Synthwave, con proiezioni sul muro, è unico.

Quanti Martini hai in menù?
Abbiamo nove Martini in drink list, alcuni dal 2019. Entro l’estate cambierò la drink list. Sto ipotizzando di introdurre anche gli half drink.

EVENTI, SAKE E CAVIALE

Organizzi eventi e ospiti guest?
Abbiamo fatto qualcosa, come l’evento con Gin Fish e a maggio saremo al Sake Festival con Giorgio Cornalba. Proporremo Martini con sakè, sakè in mescita e finger food con caviale Adamas. Mentre non parteciperemo alla Wine Week, che mi sembra in calo.

A proposito di vino, le bollicine al Suzy sono richieste?
No, in pochi le chiedono. Avevo il Franciacorta La Montina, ora in stand-by. Ma sono sempre in buoni rapporti con loro.

Il Mimosa fa 100 anni. Lo celebrerai?
No. Non siamo un locale da brunch. Ma come storytelling ha potenziale.

Anche da te c’è domanda di cocktail meno alcolici?
Sì. Ovviamente il Martini non lo stravolgo e lo presento per quello che è: un drink secco, forte, potente. Ma oggi c’è richiesta di miscele leggere e ho intenzione di introdurre qualche proposta. Non solo rispondo a una richiesta, ma abbassando la quantità di alcol contengo il prezzo del cocktail.

Ecco, come gestisci i prezzi?
Partivo da 8 euro nel 2019. Ora sono sui 12 euro. Alcuni signature, come il Martini Sakura con Kenobi, costano di più ma è giustificato.

DELIVERY, SICUREZZA E OLIMPIADI

Il fuori casa è cambiato dopo il Covid secondo te?
Sì, tantissimo. C’è meno voglia di socializzare. Tanti stanno a casa, non solo per soldi, ma per abitudine.

Colpa anche del delivery?
Anche. Uso WineLivery. È comodo, ma ti ancora a casa. Dopo quasi due anni chiusi, qualcosa si è rotto.

Parliamo di sicurezza a Milano, come la vedi?
Male. È un problema serio. Servono incentivi per la sicurezza privata, non solo ordinanze. Potrebbe anche creare lavoro.

Infine, cosa ti aspetti dalle Olimpiadi 2026?
Sono il mio “gate”. Se il trend negativo continua, potrei cambiare format dopo. Ma sono ottimista: potrebbero dare una spinta vitale. Come fece l’Expo.

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it e MixologyItalia.com