Evocazione indebita e tutela delle DOP: la sentenza storica a tutela del Grana Padano

La Corte d’Appello di Torino condanna l’uso del nome “Gran Riserva Italia” per evocazione indebita del Grana Padano DOP.

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Con una decisione di rilievo nel panorama giuridico e agroalimentare, la Corte d’Appello di Torino – con sentenza del 5 settembre – ha riconosciuto che il formaggio “Gran Riserva Italia”, prodotto da un caseificio privo di autorizzazione DOP, costituisce una evocazione indebita del Grana Padano. La pronuncia riguarda in particolare la categoria “Riserva Oltre i 20 mesi”, che identifica la stagionatura più pregiata della DOP.

“Si tratta di una sentenza che giudico luminosa e da prendere come riferimento nella tutela dei prodotti DOP – commenta Stefano Berni, Direttore Generale del Consorzio Tutela Grana Padano –. Riprende e porta nei tribunali italiani principi stabiliti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e diventa così una pietra miliare contro i similari e le loro politiche di immagine e di comunicazione fuorvianti per i consumatori.”

Il procedimento nasce dall’impiego dell’espressione “Gran Riserva Italia” nella commercializzazione di un formaggio a pasta dura, venduto nella GDO in forme di grande pezzatura (circa 26 kg), con scalzo laterale arrotondato e marchiatura a fuoco raffigurante un logo ellittico attraversato dalla scritta “ITALIA”, incorniciata dai termini “Gran Riserva” e accompagnata dal claim “Latte 100% italiano”.

Il Consorzio Tutela Grana Padano DOP ha contestato l’uso di tali elementi, sostenendo che la denominazione e la presentazione del prodotto configurassero una “evocazione” della DOP, secondo la definizione della Corte di Giustizia UE, che considera evocativo qualsiasi riferimento – visivo, fonetico o concettuale – idoneo a richiamare nella mente del consumatore un prodotto protetto.

“La Corte d’Appello di Torino ha condiviso questa impostazione con una motivazione cristallina – sottolinea Berni – facendo il punto sulla tutela garantita alle DOP e IGP sia in Italia che nell’ordinamento europeo.”

I giudici piemontesi hanno ribadito che la valutazione dell’evocazione deve essere globale, analizzando congiuntamente denominazione, forma, dimensioni, colore, marchiature e grafica dell’etichettatura. In questo caso, la Corte ha rilevato la somiglianza tra i due formaggi – entrambi a pasta dura, giallo paglierino, con forma stondata – e la presenza in comune della marchiatura “a fuoco”.

Determinante, secondo i giudici, l’uso combinato delle parole “RISERVA” e “ITALIA”: una scelta che, pur non riproducendo il termine “Padano”, induce il consumatore medio europeo ad associare il prodotto alla DOP, creando una commistione concettuale non legittima.

La pronuncia valorizza così il contesto complessivo in cui vengono impiegati nomi, marchi e segni distintivi nell’etichettatura e nella comunicazione commerciale. “La sentenza rappresenta un arresto giurisprudenziale significativo – conclude Berni – nella tutela delle DOP-IGP contro quelle pratiche di mercato che, pur evitando l’uso diretto del nome protetto, cercano di sfruttarne la notorietà e il valore identitario certificato.”

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