Il mercato del Senza Glutine in Italia tra dinamismo e promesse 

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C’era una volta il “senza glutine” che faceva rima con rinuncia al sapore, alla varietà, al piacere della tavola, con consumatori che si trovavano spesso davanti a scelte limitate e poco appetitose.

Oggi la storia è cambiata, il mondo del gluten free ha intrapreso un percorso rivoluzionario trasformandosi in un universo ricco di gusto, innovazione e possibilità, diventando, più che risposta a un’esigenza medica, sinonimo di attenzione alla salute, cura degli ingredienti e desiderio di inclusione.

Lo dimostra il fatto che il settore sta attraversando una fase di espansione senza precedenti. A livello globale, secondo uno studio dell’Istituto britannico Visiongain, il comparto gluten free valeva oltre 4,5 miliardi di dollari nel 2016 e si prevede che entro il 2026 questa cifra sarà triplicata, confermando la portata mondiale del fenomeno.

In Italia, secondo i dati forniti dall’AIC (Associazione Italiana Celiachia), il valore complessivo del mercato si aggirerebbe attorno ai 400 milioni di euro, con una crescita stimata del 6% annuo fino al 2025.

Uno dei fattori principali alla base di questa crescita secondo gli osservatori sarebbe l’incremento delle diagnosi di celiachia: il Ministero della Salute conterebbe oltre 250.000 italiani diagnosticati, con una stima di 600.000 a 1 milione di casi non ancora accertati.

Ma il successo del senza glutine non andrebbe messo in relazione esclusivamente alle necessità cliniche. Sempre più persone infatti, anche senza intolleranze specifiche, sceglierebbero questi prodotti per motivi legati al benessere generale, alla digestione o per aderire a stili alimentari più salutari. Oggi, il 21% degli italiani consumerebbe regolarmente alimenti gluten free, anche in assenza di esigenze mediche.

Analizzando la composizione del mercato, i prodotti da forno, come pane e dolci, rappresenterebbero il 35% del consumo, grazie a nuove tecnologie che ne migliorano gusto e consistenza.

La pasta, alimento simbolo della dieta italiana, continuerebbe a guadagnare quote di mercato, mentre il segmento degli snack risulterebbe essere il più dinamico, rispondendo alla crescente domanda di prodotti salutari e pratici.

Prezzi e accessibilità

Nonostante la maggiore offerta, il costo dei prodotti senza glutine resta elevato. Secondo uno studio del Centro di Ricerca sui Consumi (Crc) e Assoutenti, i prezzi risulterebbero in media superiori del 73% rispetto ai prodotti tradizionali.

A tal proposito, l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha condotto un’analisi comparando i prezzi nei supermercati e nelle farmacie con angoli specializzati. La differenza più evidente è stata riscontrata nei crackers, che risulterebbero fino al 166% più economici nei punti vendita della GDO rispetto alle farmacie.

In generale, rispetto al 2016, i prezzi sarebbero aumentati del 10% nelle farmacie e diminuiti del 4% nei supermercati. Anche mangiare fuori casa per chi è celiaco sarebbe diventato più oneroso con i cibi senza glutine che in ristoranti e bar costerebbero circa il 18% in più rispetto a quelli tradizionali segnando un incremento del 16,7% dal 2016.

Questi dati evidenziano come la variabilità nei prezzi rappresenti ancora oggi una delle principali sfide per rendere il senza glutine economicamente accessibile a un pubblico sempre più ampio.

Distribuzione e innovazione

I canali di distribuzione si stanno adeguando rapidamente al trend. Negli ultimi due anni, gli spazi dedicati al senza glutine all’interno di supermercati e ipermercati sono cresciuti del 25%, mentre l’e-commerce si afferma come il canale più dinamico, permettendo alle aziende di raggiungere una platea sempre più vasta.

Le grandi catene della GDO non stanno a guardare lanciando linee complete che includono pane, crostate, muffin e basi per pizza incrementando progressivamente l’offerta gluten free.

Sguardo al futuro

Guardando alle prospettive future l’innovazione resta sicuramente il fulcro delle strategie. L’obiettivo non è solo eliminare il glutine, ma offrire prodotti più sani e bilanciati, spesso biologici, privi di allergeni e arricchiti con fibre e proteine, una condizione che dovrebbe favorire la crescita del mercato potenziale.

Le previsioni più ottimistiche indicherebbero che entro il 2030 il giro d’affari potrebbe raggiungere 1,6 miliardi di euro, trasformando quello che un tempo era un mercato di nicchia in un segmento sempre più strategico dell’industria alimentare.

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