Scopri i 10 cocktail più bevuti al mondo. Due sono italiani

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L’Italia del bere miscelato piace sempre di più. Il Cocktail Report, stilato annualmente dall’autorevole testata Drinks International e frutto di un sondaggio realizzato fra i bar più premiati di tutto il mondo, ha stabilito che anche nel 2024 il cocktail più bevuto è il Negroni. Riportiamo qui la classifica che ne deriva dei drink più bevuti al mondo.

N° 1 – Negroni

Per il terzo anno consecutivo, sul gradino più alto del podio si conferma il classicissimo drink con parti uguali di gin, vermouth e bitter, nato attorno al 1919 a Firenze quando il conte Camillo Negroni – nobiluomo colto, facoltoso e dall’indole cosmopolita – chiese a Fosco Scarselli, garzone della Drogheria Profumeria Casoni, di “rafforzare” il suo cocktail Americano aggiungendovi del gin, che aveva apprezzato nei suoi viaggi a Londra e New York. Ne risultò un perfetto quanto complesso equilibrio di note amaricanti che, a più di un secolo di distanza, continuano a conquistare schiere di estimatori ovunque.

Foto di Alberto Blasetti

N° 2 – Old Fashioned

C’è un motivo se David Embury, avvocato ma soprattutto grande appassionato e divulgatore dell’arte della mixology, nel suo libro “The Fine Art of Mixing Drinks” del 1948 incluse l’Old Fashioned tra i “Six Basic Cocktails”, i sei drink fondamentali della miscelazione. Gli altri, per la cronaca, erano Jack Rose, Manhattan, Sidecar, Daiquiri e Martini: gli ultimi due li ritroveremo più avanti in questa classifica.  L’Old Fashioned nacque a fine Ottocento quando, di fronte alla sempre maggiore complessità delle ricette dei cocktail create dai bartender, una parte dei consumatori americani chiese a gran voce di tornare alle preparazioni “vecchia maniera”, semplici e basate su pochi ingredienti. Tornò così in voga il Whiskey Cocktail Old Fashioned, preparato secondo la ricetta originaria: bourbon (o rye whiskey), una zolletta di zucchero, ghiaccio e qualche goccia di bitter.

N° 3 – Margarita

Il Margarita, cocktail simbolo del Messico (dove però è più diffuso il Paloma), è un Sour costruito con tequila, triple sec e succo di lime. Le sue origini sono nebulose, tanto da avere alimentato diverse leggende più o meno fantasiose: sappiamo che è nato negli anni ’30 e che fu probabilmente ispirato ai Daisy, drink Sour dove alla base alcolica e al succo di limone o lime si abbinano liquore all’arancia o affini invece dello zucchero.

N° 4 – Espresso Martini

L’Espresso Martini fu creato nel 1983 a Londra dal grande bartender Dick Bradsell per una bellissima modella (di cui mai rivelò l’identità, anche se più voci hanno riferito si trattasse di Naomi Campbell), che gli chiese un drink che “prima la svegliasse, poi la facesse crollare”. Detto fatto: Bradsell miscelò vodka (il distillato più trendy all’epoca), caffè espresso e i liquori Kahlua e Tia Maria, servendo il tutto in una coppetta Martini. Lo chiamò Vodka Espresso anche perché negli anni ’80 andava di moda usare la coppetta Martini e chiamare Martini tutte le miscele servite in questo bicchiere… Oggi è molto popolare soprattutto in Australia e Stati Uniti.

N° 5 – Daiquiri

Un classico della mixology, questo elegante drink è l’unico rappresentante della cocteleria cubana fra i 10 drink più richiesti nel mondo, Si prepara con rum, lime e zucchero. La ricetta come la conosciamo noi nasce a fine dell’Ottocento, probabilmente nell’omonima cittadina dell’isola caraibica, anche se la sua paternità è oggetto di svariati racconti. Stando a quello più noto, lo avrebbero creato due americani, tali Cox e Pagliuchi: non dei bartender, bensì due ingegneri che lavoravano in una miniera locale. I dettagli sono incerti, ma di certo il Daiquiri è una rivisitazione del Whisky Sour, con il rum invece del whisky.

Daiquiri di Marco Russo – Titolare del 1930 – Foto di Nicole Cavazzuti

N° 6 – Whiskey Sour

È uno dei cocktail più antichi della storia della mixology: già popolare oltreoceano attorno al 1860, è citato anche dal mitico Jerry Thomas nel suo “How to Mix Drinks” del 1862, il primo ricettario della storia della mixology. La sua formula è apparentemente semplice ma, come per tutti i Sour, richiede attenzione nell’equilibrio degli ingredienti: bourbon, succo di limone e zucchero. Se garba, (ma non necessariamente), pure albume, con cui si ottiene la schiuma vellutata in superficie, tanto di moda nei cocktail Sour. Oggi l’albume però è poco usato: i barman preferiscono il magic velvet, inodore.

N° 7 – Dry Martini

Il re dei cocktail è il settimo drink più bevuto al mondo: un’icona della mixology, elegante, dal gusto deciso e dalla gradazione alcolica importante. Prevede due soli ingredienti – gin e vermouth dry, in proporzioni 6 a 1 – eppure è probabilmente il cocktail più difficile da realizzare, come sottolinea l’International Bartenders Association (Iba) nelle note che accompagnano la sua ultima lista ufficiale. Basta un attimo per sbagliare la temperatura di servizio (il Martini deve essere rigorosamente gelato) o la diluizione, inficiando il risultato. D’altro canto, se “maneggiata con cura”, la ricetta si presta a essere personalizzata in base ai gusti più variegati: un Martini si può fare con la vodka al posto del gin, agitato alla maniera di James Bond oppure mescolato, più o meno secco, guarnito con un twist di limone o con l’oliva (o magari con entrambi)…

N° 8 – Aperol Spritz

Oltre a primeggiare col Negroni, l’Italia è presente nella “top ten” dei cocktail mondiali anche con l’Aperol Spritz. Quasi sconosciuto fuori dal Veneto fino a poco più di vent’anni fa, ha conquistato il mondo grazie alle campagne di comunicazione di Campari che lo ha acquistato nel 2003, al suo gusto “facile” e fresco, alla sua gradazione in linea con la tendenza dei cocktail low alcool e al suo aspetto aranciato e brillante, particolarmente “instagrammabile”.

N° 9 – Paloma

Best seller in Messico, negli ultimi anni il Paloma si è fatto conoscere ovunque e ha scalato posizioni su posizioni nella classifica dei cocktail più popolari nel mondo. Si prepara con soda al pompelmo, tequila, succo di lime e un pizzico di sale. Piace perché è fresco, beverino, con noti dolci e citriche che conquistano al primo sorso.

N° 10 – Moscow Mule

Il Moscow Mule, protagonista da oltre un decennio di un vero boom e fautore della diffusione sul mercato della ginger beer, si piazza decimo. Solo tre ingredienti: vodka, succo di lime e ginger beer e una storia curiosa. A dispetto del nome, il Moscow Mule nacque negli anni Quaranta non a Mosca ma in un bar di New York, dove si incontrarono due imprenditori disperati: il primo, a causa del diffuso sentimento antisovietico, faticava a vendere negli Stati Uniti la vodka Smirnoff di cui era importatore, il secondo, nel magazzino del suo locale a Hollywood, aveva grandi quantità invendute di ginger beer, soft drink a base di radice di zenzero da lui prodotto. Qualcuno, nell’occasione, provò a miscelare i due prodotti e risolse i problemi di entrambi, creando quello che sarebbe diventato uno dei cocktail più popolari negli Usa negli anni ’50 e ’60, complice una campagna pubblicitaria di Smirnoff con testimonial un giovane Woody Allen.

Fonte: Horecanews.it