Si chiama Flower Good Gin, nasce in Puglia, è distribuito da Spirits & Colori e ha una storia che profuma di terra rossa e sole cocente. L’idea è di Massimo Fabbri e soci, con la complicità di Joe Bastianich, che ci mette fiducia e capitale.
A firmare la ricetta è Oscar Quagliarini, bartender con il palato da profumiere e il cervello da chimico. Ha preso i terpeni estratti dalla varietà d’erba Holy Grail – coltivata nei campi di Fabbri – e li ha uniti a ginepro, cardamomo, coriandolo, liquirizia e olio essenziale di canapa. Il risultato? Terroso, erbaceo, balsamico. In una parola: originale.
Lo abbiamo assaggiato al Ronin di Milano, uno dei bar più cool della città, e ci siamo fatti raccontare tutto da Fabbri. Dalla genesi del progetto al posizionamento premium, fino alle prossime collaborazioni.
L’INTERVISTA A MASSIMO FABBRI
Ci vuole coraggio a lanciare un nuovo gin oggi…
Sì, ma abbiamo scelto di non farci frenare. È vero che il mercato è saturo, ma noi abbiamo creato qualcosa di completamente diverso. Questo gin ha un’identità forte, non è una variazione su un tema: è un nuovo racconto.
Massimo, qual è il tuo ruolo in questo progetto?
Sono co-founder di Flower Good, il brand che firma questo gin innovativo.
Quando avete iniziato a lavorarci?
Due anni fa. Con Alessandro Belloni e Sidney Yeates ho fondato Flower Farm, un’azienda agricola che produce cannabis e derivati. L’operazione si inserisce in un progetto più ampio di diversificazione: vogliamo portare la cannabis in settori come il farmaceutico, il food & beverage, la cosmetica, il pet e altro ancora. Il nostro obiettivo? Dimostrare la sostenibilità e la versatilità della pianta.
Come è nato l’incontro con Joe Bastianich?
Per caso. La mia ex fidanzata suonava con lui.
È stato difficile convincerlo a investire in Flower Good Gin?
No, per nulla. Quando ha capito che stavamo creando il primo gin ai terpeni di cannabis, è salito subito a bordo. Non è un gin “alla canapa”. È costruito sulla parte aromatica più pura della pianta. Non esiste nessun altro gin così.
Che ruolo ha Bastianich nel progetto?
È socio con una quota del 49%. Ma non è il volto del brand. Non vogliamo che venga percepito come “il gin di Bastianich”. Joe ha creduto nel progetto, ci ha supportati anche nella fase di testing. È un partner strategico, non un testimonial.
Chi ha creato la ricetta?
Oscar Quagliarini. Partendo dal nostro terpene, ha costruito una formula essenziale ma potente. Il risultato è un gin elegante, terroso, vegetale, con accenti freschi e balsamici.
Quante bottiglie avete prodotto finora?
Tra le 30.000 e le 40.000. Al momento distribuiamo con Spirits & Colori, concentrandoci su cocktail bar e ristoranti premium in Italia.
Lo vendete anche nei negozi di cannabis?
No. Abbiamo scelto un posizionamento completamente diverso. In Italia, il canale “canapa” è spesso percepito come low profile. Flower Good Gin è un prodotto premium, e vogliamo che venga valorizzato per la sua qualità.
Quanto costa?
42 euro al pubblico, 26.80 euro più IVA per l’Horeca. La bottiglia è da 500 ml, con una splendida etichetta disegnata a mano a china da Sergio Gerasi, storico illustratore di Dylan Dog.
Uno sguardo al futuro. Prossimi eventi?
Saremo al Roma Bar Show, nello stand di Spirits & Colori. E poi in giro per l’Italia, in eventi itineranti nei locali di alto livello, come il Ronin.
Avete in mente una cocktail list dedicata?
Sì, stiamo lavorando con diversi bartender – anche con Oscar Quagliarini – per costruire una carta ad hoc. Per ora lo proponiamo in Gin Tonic, London Mule e un twist sul Paloma, ma stiamo esplorando anche ricette Sour e creazioni originali.
La cannabis può diventare protagonista in mixology e cucina?
Sì, assolutamente. Ha qualità organolettiche straordinarie, è un vero healthy food e rappresenta il futuro. È sostenibile, versatile, e può offrire un impulso concreto all’economia e all’occupazione. Serve solo il giusto approccio.
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