Gin marchigiano: quando il territorio distilla identità

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Negli ultimi 15 anni il gin italiano ha guadagnato spazio. Non solo nei cocktail bar, ma anche nelle carte dei ristoranti, sugli scaffali dei piccoli negozi gourmet, persino al supermercato. Merito di una produzione che punta su materie prime locali, lavorazioni in piccoli lotti e una filosofia artigianale che rifiuta l’omologazione. Risultato? Pare ci siano un centinaio di distillerie per circa mille etichette di gin Made in Italy: ormai non c’è regione che non abbia la sua produzione.
Dal 2019 anche le Marche, con la loro geografia sfaccettata e una cultura contadina ancora viva, si sono fatte notare. Non per numeri – le produzioni sono limitate – ma per visione.
In occasione della masterclass di Julian Biondi sul gin a km0 programmata nell’ambito di Autoctoni Gourmet 2025 – Summer Edition dall’Azienda Speciale Linfa della Camera di Commercio delle Marche al Dirty di Ascoli Piceno ho conosciuto 6 distillerie locali, 5 giovani e dalla forte identità e una storica (Meletti, di cui vi parlerò più avanti).

Distilleria Mezzanotte – La sostenibilità non è uno slogan, ma un processo

Alla Distilleria Mezzanotte, fondata a Pesaro nel 2020, si usa l’alambicco Müller elettrico azionato da energia da fonti rinnovabili in linea con la mission aziendale: ripensare la distillazione come pratica sostenibile, etica e contemporanea.

Ogni bottiglia è curata nel design e nella composizione e le gratificazioni non hanno tardato ad arrivare. “Nel 2023 siamo stati nominati New Distillery of the Year da The Gin Guide e abbiamo vinto il premio Miglior Gin Europeo e Miglior Gin Italiano 2023”, racconta Alex Bartolucci, Master Distiller e fondatore dell’azienda con Giacomo Bracci. Accanto alla produzione di Gin Mezzanotte non mancano progetti conto terzi, “con una particolare attenzione a chi – giovane o donna – vuole entrare nel mondo degli spiriti”.

C&E Italian Distillery – L’artigianalità che sa di colline

C&E Italian Distillery è una micro-distilleria di Camerino, borgo dell’entroterra maceratese tra le colline. Nasce con l’intento dichiarato di valorizzare il territorio attraverso la distillazione, trasformando i prodotti locali in spiriti autentici. Fondata da Riccardo Elefante ed Edoardo Cellocco, la distilleria lavora in piccoli lotti, usando un alambicco discontinuo in rame secondo il metodo London Dry.
Ginepro a parte, il loro Rajo Italian Dry Gin ha come botanica principale la Mela di Camerino, varietà autoctona dalle dimensioni ridotte e dall’alta concentrazione di oli essenziali nella buccia. Una scelta non solo tecnica, ma identitaria.

Edoardo Cellocco

Gin del Conero – Il promontorio distillato

Non c’è dubbio: il Monte Conero, parco nazionale, è un unicum geografico. E lo è anche Gin del Conero, nato nel 2019 per volontà di Loris Spinsante. “Il nostro gin è stato pensato per essere bevuto liscio, prima ancora che in miscelazione”. A colpire è innanzitutto il colore rosso fiamma. Al naso è salmastro, con note di tabacco, cioccolato e agrumi. In bocca è articolato ma armonico, con un finale lungo e amaricante. Si producono poco più di mille bottiglie all’anno, in lotti da 600 esemplari in nome della qualità e non della quantità. A breve, alla gamma si aggiungerà l’Amaro del Conero. Stessa logica, stesso territorio. Stessa mano.

Ngricca – Quando la distillazione è agricoltura

A Pagliare del Tronto, nel cuore del Piceno, c’è una distilleria agricola – o meglio, un’agridistilleria – che non compra gli ingredienti, ma li produce. Da Ngricca, insomma, la distillazione è solo l’ultimo passaggio. Prima vengono le api, il miele, le erbe. “Le botaniche vengono coltivate direttamente in azienda, raccolte nel momento ideale e lavorate con tecniche rispettose, lente, ancestrali. Ogni ingrediente ha una tracciabilità totale, ogni fase – dalla semina alla bottiglia – parla di filiera corta e artigianalità”, spiega il titolare Luca De Cesaris, ex chef. Il cuore della produzione è “Peppe”, un alambicco discontinuo in rame realizzato da Frilli Impianti, che lavora a fuoco diretto secondo la tradizione locale. Ma Ngricca affianca a questo anche un sistema carter head, per l’estrazione delicata degli aromi in corrente di vapore, ideale per le botaniche più sensibili. La produzione è limitata, l’approccio è essenziale, il profilo aromatico è schietto e naturale.

Gin della Marca. Uva e spirit, dal cuore di Matelica

Gin della Marca è il progetto di Mattia Pettinelli e Giacomo Ponti, due amici di Matelica, in collaborazione con C&E Italian Distillery. Il loro gin, a base di un distillato di uve biologiche di Verdicchio, si chiama Verginio. “Il nome unisce Ver di Verdicchio, Gin e “Io”: un’identità liquida, personale, territoriale. Il metodo è London Dry, ma il processo è completamente artigianale ed esclusivamente marchigiano: tutto quello che concerne il gin viene realizzato nella nostra regione, con lo scopo di raccontarla e di dare lustro alla nostra città”, spiega Pettinelli. Il risultato è un gin elegante, diverso, con una nota d’uva ben riconoscibile.

Riflessioni finali

Ogni prodotto è un segno. Non solo perché evoca un gusto, ma perché comunica una posizione culturale. Scegliere un gin marchigiano nelle Marche è un atto semiotico. Significa riconoscere che il territorio non è solo origine, ma anche destinazione.

È ancora diffusa una forma di provincialismo inverso per cui ciò che nasce qui avrebbe valore solo se validato altrove. Al contrario, un prodotto che porta dentro di sé la sintassi della propria terra dovrebbe parlare innanzitutto ai suoi abitanti.

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