A Milano, in una traversa alle spalle della Stazione Centrale, c’è un ex deposito tessile che oggi ospita una delle realtà più poliedriche della scena italiana. Si chiama Moebius, come il fumettista francese Jean Giraud. È il 38° tra i Best Bars al mondo, nonché ristorante sperimentale con una stella Michelin, palco per la musica dal vivo e persino angolo per la vendita di vinili.
Aperto nell’agosto del 2019, si estende per 700 metri quadri e ha una missione ben precisa: fare cultura attraverso linguaggi diversi, distinguersi con un programma ricco di eventi, una proposta di alta qualità e forti investimenti in comunicazione.
Abbiamo intervistato il fondatore Lorenzo Querci in occasione di una serata dedicata alla miscelazione indiana, per capire che cosa significa oggi tenere insieme cultura e impresa.
L’intervista
Cosa ti ha convinto che valesse la pena portare l’eccellenza asiatica da Moebius?
Tutto parte da Bianca, responsabile della Chef Academy per il 50 Best Bar in India. Con lei si era parlato più volte di portare a Moebius l’eccellenza asiatica. Così abbiamo coinvolto tre bar di riferimento, da Goa, Nuova Delhi e Sri Lanka. Milano conosce poco questa scena, ma in quelle città c’è un mondo intero.
Cosa accomuna questi bar?
Ingredienti nuovi per noi, un approccio diverso, un sapore più orientato al dolce. La cultura del bere non è ancora codificata come da noi, e questo apre la strada alla creatività. È uno stimolo sia per chi sta dietro al bancone sia per chi siede al tavolo.
Cosa rende le vostre guest shift diverse da quelle che si vedono altrove?
A Milano c’è tanto, ma non tutto ha credibilità. Se costruisci fiducia nel tempo, le persone si fidelizzano. Anche davanti a un drink insolito. È lo stesso meccanismo delle guide: se ti fidi, provi. Il pubblico è più pronto di quanto si pensi.
Quando hai capito che la comunicazione doveva diventare parte integrante del lavoro?
Conta tutto. La comunicazione oggi fa parte del lavoro. Da Moebius c’è una social media manager che segue contenuti e video, e un grafico interno che cura l’identità visiva. È un costo, ma necessario. Se usi sempre lo stesso stile, diventa tuo. Le persone associano un certo linguaggio visivo al locale. Questo fa la differenza.
Oggi c’è un eccesso di eventi. Come si emerge davvero?
Con la qualità e con l’identità. Nel 2024, solo a Singapore, ci sono stati 350 guest internazionali. Siamo al limite della saturazione. Per distinguersi bisogna fare qualcosa che resti, anche solo visivamente. Perché oggi i locali sono tutti vicini: da Milano a Bangkok, basta un click.
Si nota uno spostamento verso l’Asia nei grandi eventi. È solo un caso?
No. È strategia. Le città asiatiche non emulano più l’Occidente, ora propongono una visione autonoma. E investono. Hong Kong ospiterà i 50 Best Bars: un’operazione che richiede milioni. Se li investono, è perché la cultura dell’ospitalità è diventata un valore anche lì.
Entrare nella lista dei 50 Best Bars porta un aumento di fatturato?
Sì. Dopo l’ingresso nella lista, da noi è cresciuta molto la clientela asiatica. Ma in generale c’è molta gente che viene perché ha visto il nome. È come un turista appassionato di gastronomia che cerca i ristoranti stellati.
E i Mondiali IBA?
Non arrivano al pubblico né agli operatori che non appartengono ad AIBES. Quindi non esistono. Sono eventi per gli addetti ai lavori. Oggi la differenza la fa chi sa comunicare. In questo i 50 Best sono un esempio: prima i ristoranti, poi i bar, adesso gli hotel e persino le cantine. Hanno creato un sistema.
C’è stato un momento in cui un investimento in comunicazione ha fatto davvero la differenza per Moebius?
Sì: serve un prodotto di qualità, ma senza comunicazione resta invisibile. Anche marchi conosciuti in tutto il mondo, come Coca-Cola, continuano a investire in pubblicità. Il motivo è semplice: restare presenti. Chi smette, sparisce.
Ti è mai capitato che un cliente vi raccontasse di avervi scoperti solo grazie ai social?
Sì, soprattutto turisti asiatici: arrivano preparati. Guardano Instagram, controllano le recensioni, osservano i drink prima ancora di assaggiarli. Alcuni chiedono cocktail visti anni prima. Sanno cosa vogliono grazie ai social.
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