Mentre il governo valuta l’ennesimo rinvio della sugar tax – attualmente prevista per luglio 2025 – il Partito Democratico rilancia con una proposta di legge alternativa che prevede un sistema di tassazione a scaglioni differenziati. Proprio nel giorno in cui il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani ha ufficialmente chiesto di rinviare di un anno l’introduzione della Sugar tax, il Pd ha presentato una proposta di legge per introdurre fin da subito la nuova imposta.
La proposta Evi: sugar tax a scaglioni progressivi
Eleonora Evi, deputata del Partito democratico e prima firmataria della proposta di legge per la tutela della salute dei consumatori di prodotti alimentari contenenti zucchero e zuccheri aggiuntivi, ha illustrato i dettagli della nuova formulazione: “Una sugar tax a scaglioni con diverse aliquote in base al contenuto di grammi di zucchero all’interno del prodotto”.
Le cifre proposte sono contenute: da 0,02 centesimi per litro di prodotto zuccherato, fino ad arrivare ad un’aliquota di 0,15 centesimi al litro. L’obiettivo è duplice: orientare i consumatori verso prodotti con minor contenuto di zuccheri e spingere il mercato stesso verso prodotti più salubri.
Tajani insiste sul rinvio: “Almeno 12 mesi”
Dal fronte opposto, il vicepremier Antonio Tajani ha ribadito che “la sugar tax va rinviata almeno di dodici mesi”, confermando la posizione di Forza Italia che si oppone da tempo all’introduzione dell’imposta. Il viceministro Leo ha confermato che sarà necessaria una proroga, spostando l’applicazione dell’imposta almeno a gennaio 2026.
Oltre la tassa: educazione e informazione
La proposta del PD non si limita alla tassazione. Evi sottolinea che l’obiettivo non è “vietare o bandire lo zucchero”, ma fare prevenzione, informazione ed educazione alimentare nelle scuole. Particolare attenzione viene posta all’etichettatura chiara per rendere visibile la presenza di zuccheri in “prodotti insospettabili come il pane in cassetta, i sughi e le salse” dove possono rappresentare fino al 50% del prodotto.
La conferma scientifica: la sugar tax funziona davvero
La domanda che sorge spontanea è: ma è proprio vero che la sugar tax contribuisce a ridurre l’obesità? La risposta della comunità scientifica è inequivocabile: sì.
Gli studi internazionali dimostrano risultati significativi:
- Nel Regno Unito, una ricerca dell’Università di Cambridge ha registrato una riduzione dell’obesità dell’8% nelle ragazzine tra i 10 e gli 11 anni, pari a 5.200 casi di obesità in meno ogni anno
- In Messico, il consumo di bevande zuccherate è diminuito di circa il 7,6% nel primo anno
- A Seattle, lo zucchero venduto attraverso le bevande tassate è diminuito del 23% in due anni
- In Australia, studi prevedono che una tassa del 20% comporterebbe una contrazione dei consumi del 12,6%
L’Organizzazione Mondiale della Sanità conferma che “introducendo tasse sulle bevande zuccherate, i paesi possono ridurne i livelli di consumo e, con esso, i rischi associati di sovrappeso e obesità, diabete e altre malattie”.
Un investimento per la sanità pubblica
Marco Furfaro, deputato PD, ha evidenziato un aspetto sociale cruciale: “Spesso i prodotti più zuccherati sono anche quelli che costano meno e le persone più povere sono costrette a comprare prodotti meno sani”. La sugar tax, secondo questa visione, potrebbe contribuire a ridurre le disuguaglianze sanitarie.
Ricerche americane mostrano che l’effetto della tassa è “particolarmente marcato tra le persone con i tassi di obesità maggiori”, aiutando a “diminuire le disuguaglianze sociali, migliorando la salute di coloro che hanno meno mezzi per curarsi”.
La strada italiana tra rinvii e resistenze
La sugar tax italiana, introdotta con la Legge di Bilancio 2020, ha subito già sette rinvii e dovrebbe entrare in vigore il 1° luglio 2025. Tuttavia, la maggioranza governativa sembra orientata verso un ulteriore posticipo, cedendo alle pressioni del settore industriale che lamenta possibili impatti occupazionali e aumenti burocratici.
La proposta Evi rappresenta un tentativo di trovare un equilibrio tra efficacia sanitaria e sostenibilità economica, introducendo un sistema graduato che potrebbe incentivare le aziende a riformulare i prodotti riducendo progressivamente il contenuto di zuccheri.
Il fronte industriale: una filiera da 5 miliardi in allarme
Tuttavia, l’industria delle bevande analcoliche, rappresentata da ASSOBIBE, dipinge uno scenario economico devastante. La filiera vale 5 miliardi di euro con 100 stabilimenti e 80mila addetti: ogni euro prodotto genera 5,4 euro lungo la filiera, ogni lavoratore nelle aziende di produzione crea 14 posti indiretti. L’associazione denuncia che 5.500 posti di lavoro sarebbero a rischio e l’80% delle PMI passerebbe da utile a perdita. Il problema non è solo l’aliquota di 10 centesimi per litro, ma l’impatto del 28% sulla pressione fiscale che si scarica sui prezzi all’ingrosso, non al consumo. A questo si aggiungono 70 procedure burocratiche aggiuntive e oltre 450 voci da compilare per la registrazione iniziale, con costi tra 25-90mila euro per le PMI. Confagricoltura e Coldiretti si oppongono sostenendo che colpirebbe l’agroalimentare italiano senza effetti positivi sulla salute, mentre diversi Stati hanno eliminato la tassa (Norvegia, Islanda, Danimarca, Australia) per inefficacia. Le aziende sottolineano che in Italia il consumo di bevande zuccherate è già diminuito del 20% negli ultimi dieci anni e che un aumento del 25% dei prezzi si scaricherebbe sui consumatori. La battaglia continua: mentre la scienza conferma l’efficacia sanitaria della sugar tax, l’industria nazionale resiste paventando un tracollo economico che metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro in un settore già provato da anni di calo dei consumi.
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