Il caffè buono? Non è amaro, corto e bollente. I The Farmers a Napoli per spiegare il perché

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“Siamo contadini del caffè, giriamo il mondo per trovare le piantagioni migliori, i rapporti umani più sinceri, i processi più virtuosi, per offrirvi il miglior caffè che abbiate mai assaggiato”

Si presentano così Leonardo Maggiori di Diba70 e Sandro Bonacchi di B-Farm i due imprenditori che hanno raccontato a Napoli, nel cuore del centro storico, il loro progetto “The Farmers ‐ Coffee Revolution People”, vero e proprio “movimento culturale” impegnato su due fronti, da un lato attuare un cambiamento di paradigma nell’intera filiera del caffè, dalla piantagione alla tazzina, per rimettere al centro le persone, in particolare quelle che lo lavorano in modo etico e socialmente responsabile, dall’altro accompagnare i coffee lovers in un percorso di consapevolezza, aiutandoli a scoprire le reali caratteristiche e potenzialità della loro bevanda preferita ad oggi sconosciute ai più.

Il loro progetto è ispirato dal vissuto, da percorsi professionali che agli inizi toccavano solo alcune dimensioni della filiera ma che via via sono andati perfezionandosi. Sandro nasce come torrefattore, la sua famiglia si muove in questo campo dalla metà degli anni Cinquanta, Leonardo è impegnato nell’azienda fondata dal padre e legata al mondo della distribuzione automatica. Entrambi a un certo punto si rendono conto di avere un freno nel loro cammino, una visione parziale e quindi falsata di un sistema molto più ampio, e comprendono la necessità di cambiare prospettiva, o meglio di allargarla per poter fare qualcosa di più grande, un passo che aprirà nuovi scenari fino a portarli ad investire direttamente nelle piantagioni di caffè in Honduras.

La loro è una missione che, dicevamo, si esprime su due piani, da un lato la ricerca continua nel mondo di Paesi, regioni, produttori, varietà, altitudini, metodi di lavorazione, dove la lavorazione del caffè possa garantire la realizzazione di un prodotto buono non solo da un punto di vista sensoriale ma anche etico, improntata a valori come il rispetto per i lavoratori e l’ambiente. Dall’altro guidare i consumatori alla scoperta di tutto questo facendogli superare false e consolidate convinzioni, quest’ultimo forse l’obiettivo più sfidante ma essenziale per dare un senso all’impegno e agli sforzi in cui si stanno muovendo con il progetto The Farmers.

Il nostro obiettivo – ha spiegato Sandro Bonacchi – è rompere il circolo vizioso che ci condiziona da decenni per cui il caffè sarebbe solo amaro, corto e bollente. Dobbiamo far comprendere che siamo tutti vittime di un mercato che vende tazzine difettose nel 99% dei casi e quelle caratteristiche, che si percepiscono come identificative di un prodotto, sono solo il risultato del tentativo di diminuirne la percezione dei difetti”.

Certo scelta coraggiosa parlarne proprio a Napoli che su questo convincimento ha costruito una cultura secolare. Ma come scardinare questa arte di andare a migliorare qualcosa di estremamente difettoso?

“L’unico modo – continua Sandro – è far assaggiare e scoprire le differenze. Se tutta la vita l’abbiamo passata a bere caffè amari corti e bollenti è chiaro che la nostra percezione sarà quella, per noi il caffè sarà sempre quello, ricercheremo quello, ma soprattutto non avremo contezza di quelle che possono essere altre sensazioni aromatico gustative che il caffè può dare, piaceri che potrebbero spingerci a bere qualcosa di diverso.”

Motivo per il quale nel percorso educativo e formativo Sandro e Leonardo utilizzano il concetto di flavore, un neologismo che in Italia mancava quando lo hanno introdotto nel 2018 e che aiuta a fare da congiunzione tra quella che è la capacità del consumatore di scegliere, di sentire e quella dei Farmers di descrivere la bevanda caffè.

“Individuare il flavore – aggiunge Leonardo Maggiori – le specifiche caratteristiche sensoriali dei caffè specialty, cioè di prodotti di altissima qualità, tostati in modo da esprimerne al meglio il potenziale aromatico ed estratti secondo standard ben precisi, significa aiutare a comprendere che non esiste un solo tipo di caffè ma ce ne sono tanti, per provenienza geografica, per varietale, per metodologie produttive, un po’ come accade per il mondo del vino, e che ciascuno di essi si esprime con caratteristiche che possono più o meno incontrare il gusto personale. Significa dare uno strumento, una chiave di lettura per poter scegliere consapevolmente quale caffè bere e perchè.”

“L’obiettivo è far sentire che una tazzina è diversa dall’altra – prosegue Sandro – e non diversa perché è stata in qualche modo manipolata, ma perché siamo stati capaci di portare il terroir in tazza, di fare la stessa cosa che fa chi produce il vino in modo più naturale possibile, e per naturale intendo senza utilizzare chimica né in vigna né in cantina. A ciò si aggiunge la possibilità di mettere in relazione ciò che stiamo bevendo con quello che c’è dietro grazie alla tracciabilità, altro valore importantissimo ma a lungo trascurato e che mette nelle condizioni per ognuno dei caffè bevuti di sapere chi è il contadino che ha lavorato per la sua produzione e di cui ci impegniamo a difendere i diritti, qual è la varietà botanica, quale la materia prima selezionata che accompagniamo fino a noi per tostarla in modo corretto, valorizzarla in termini aromatici e gustativi. Ma tutti questi sforzi non avrebbero senso se non vivessimo momenti come questo, di condivisione con operatori, giornalisti, e professionisti del settore con i quali abbiamo bisogno di fare altri passi avanti insieme nella direzione di un grande cambiamento.”

Insomma la sfida di The Farmers è riuscire a dare nuova linfa e slancio ad un mondo variegato e complesso riconoscendo il diritto alla felicità di tutti coloro che gravitano intorno alla filiera del caffè, da chi ne lavora la materia prima, a chi lo produce per arrivare a chi lo beve. Un impegno che richiederà ancora grandi sforzi di sensibilizzazione su più piani in termini culturali e di consapevolezza ma che potrebbe dare l’opportunità anche all’universo caffè di esprimere un potenziale in termini qualitativi e di conseguenza narrativi ad oggi ancora inesplorato.

Fonte: Horecanews.it