Firenze, metà aprile. Il sole è alto, pieno, di quelli che anticipano l’estate e scaldano l’aria prima del tempo. In via della Spada, il passo dei turisti rallenta davanti alle vetrine del Giacosa, il bar dove – lo sanno in pochi ma lo bevono in tanti – nel 1919 è nato il Negroni. Tornato a nuova vita nel luglio 2023 grazie al Gruppo Valenza, Giacosa si appresta a festeggiare il secondo compleanno. Ma prima cambia la drink list.
Il salotto fiorentino torna a brillare
Entro a metà pomeriggio, quando lo staff è impegnato nella doppia fase di servizio e di preparazione della linea. Mi accoglie il riverbero della luce sul marmo, il tintinnio dei bicchieri, il profumo di pasticceria che si mescola alle note amaricanti dei Negroni in preparazione al banco. A dirigere la squadra è Mirko Maurello che avevo conosciuto qualche anno fa a Napoli, ai tempi del The Lodge. E nonostante il team si stia preparando per ospitare in serata una One Night di Blu Cachaça, evento ufficiale della Florence Cocktail Week, Mirko si ritaglia del tempo per me. E tra una chiacchiera e l’altra mi fa assaggiare il drink best seller della casa, un Negroni Giacosa.
“Mezzo cl in meno di gin,” dice. “Così la struttura regge, ma il grado alcolico è leggermente inferiore”.
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Intervista a Mirko Maurello
Giacosa a luglio compie due anni. È stato emozionante seguire la riapertura?
Moltissimo. Ricordo ancora quando abbiamo riaperto: c’erano i teli sopra i divani, sembrava di respirare la storia stessa. Ma anche una grande responsabilità. Giacosa è un nome che pesa, è un emblema. Vogliamo riportarlo in auge, come merita.
Come celebrate il Negroni qui?
Abbiamo una sezione di Negroni classici, che prepariamo con tecniche diverse – dallo shakerato allo stirred, al throwing e una selezione di rivisitazioni. Il Negroni Old Fashioned, ad esempio, parte da una base di botaniche selezionate, macerate e poi distillate. Il risultato è un newmake che riprende le note aromatiche del Negroni, ma con una texture e un’intensità completamente diverse. È un tributo, non una copia. Mentre il Conte Hemingway è un mix tra il Negroni e l’Hemingway Daiquiri. L’idea è mantenere il DNA del Negroni – quel Bitter Sweet inconfondibile – ma esplorarlo con ingredienti e profumi nuovi.
Il menù sta per cambiare. Cosa puoi anticiparci?
Non posso svelare troppo – il nuovo menù esce a giorni – solo che vogliamo toccare la sfera emotiva dell’italianità vera, quella che spesso nascondiamo per timidezza. Manteniamo alcuni evergreen, come il Cosmo Negroni con la sua garnish scenografica. Abbiamo versioni invernali come il Negroni Brulé – una sorta di vin brulé ma servito a 50 gradi – e in estate il Pignacolagrone, che strizza l’occhio agli anni ’80 e ’90.
A proposito, gli anni ’80-’90 in mixology sono tornati di moda…
Sì, ma quell’epoca torna spesso nella miscelazione: colori accesi, sapori decisi, un po’ nostalgici. Noi li interpretiamo con un tocco moderno. I nostri Negroni ‘crisi’ sono un esempio: mixano emozione, storia e un pizzico di ironia.
Che tipo di clientela viene oggi da Giacosa?
Quando abbiamo aperto, il 95% erano turisti stranieri e il 5% turisti italiani. Dopo due anni, finalmente si vedono anche i fiorentini. Non sono molti, rappresentano circa l’8%, ma è una conquista, perché la città ci porta rispetto, ma ci osserva con una punta di severità e circospezione.
E cosa cercano i vostri clienti?
Un’esperienza più che un semplice servizio. Mi spiego: il cocktail è solo il fiocco sul pacco, prima ci vuole l’involucro, ovvero l’ospitalità. Puntiamo a offrire un servizio da hotel 5 stelle, ma in un bar di strada. Il dettaglio, il sorriso, l’attenzione fanno la differenza.
E i social? Quanto contano per voi?
Moltissimo. Abbiamo un team di marketing che lavora benissimo. Io non sono molto social, lo ammetto, ma i contenuti che raccontano chi siamo – quelli fatti da noi o dai clienti – sono fondamentali. Quando un influencer posta un drink da Giacosa, l’effetto domino è immediato.
Photo Credit: Nicole Cavazzuti
Leggi l’articolo anche su Horecanews.it e MixologyItalia.com