Gallery Rooftop: cocktail su misura e quiete sospesa nel cuore di Barcellona

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La terrazza panoramica del Gallery Hotel di Barcellona — 4 stelle superiore, raffinato e centrale — ha cambiato look e spirito: nuovi arredi, nuova atmosfera, stesso spirito d’accoglienza.

Più sobria e rilassata, la nuova formula punta tutto sull’eleganza informale. Il bar, aperto da maggio a settembre, affianca la piscina riservata agli ospiti dell’hotel e si propone come rifugio discreto dal caos cittadino, dove cocktail su misura, musica di sottofondo e vista suggestiva si incontrano per rallentare i pensieri.

Cocktail, gourmet e relax

Se il Sintonia Restaurant, nello stesso Gallery Hotel, è rinomato per la sua steak tartare (da molti ritenuta la migliore in città) e per la cucina mediterranea contemporanea dello chef Pablo Tomás, il Gallery Rooftop è il luogo in cui si beve bene, ci si siede comodi, ci si rilassa con gli amici accompagnando un bicchiere con stuzzichini di qualità. E ci si lascia servire da chi questo mestiere lo fa con passione, come Tomás Martínez, bartender di 22 anni, nato tra i tavoli e cresciuto tra i banconi. Lo abbiamo incontrato un pomeriggio di inizio estate, con il sole ancora alto e il profilo della Pedrera di Antoni Gaudí a pochi passi.

Quali sono le novità del Gallery Rooftop?
Sedie, divani, organizzazione degli spazi: tutto è stato rinnovato sulla terrazza. Ora l’ambiente è più ampio, più arioso e l’atmosfera è più rilassata. Un luogo in cui le persone possono lasciare fuori la frenesia della città, cosa rara nel centro di Barcellona.

È rimasta la piscina.
Sì, ma è riservata agli ospiti dell’hotel. Un dettaglio che fa la differenza.

Parliamo della carta cocktail.
Proponiamo una lista di classici della casa, per lo più dalla gradazione alcolica moderata: Coco Loco, Lemon Mule, Paloma Mule… Inoltre mi piace menzionare un Pisco Sour alla mela che è un piccolo punto di orgoglio personale. Naturalmente, possiamo preparare qualunque classico.

I più richiesti?
Pornstar Martini e Moscow Mule. E poi gli Spritz: oggi, ad esempio, sono andati fortissimo quello classico con Aperol e la versione di Capri con limoncello.

Capita anche di improvvisare?
Certo. Chiediamo sempre al cliente quali siano le sue preferenze e non è raro sentirsi ordinare un Mojito al maracuja, alla mela, al cetriolo… Cerchiamo di essere flessibili, senza rinunciare alla qualità.

Quante referenze avete in bottigliera?
Tra gin, rum, vodka, whisky, tequila e mezcal… circa una cinquantina. Una buona base. Senza dimenticare la ricca offerta di vini e birre, anche locali.

Sei giovanissimo, ma mostri già una buona esperienza al bancone.
Ufficialmente faccio questo lavoro da quando avevo 16 anni. Ma ho l’ospitalità nel sangue, sono cresciuto in una famiglia attiva nella ristorazione. Negli ultimi due anni ho vissuto in Australia, a Brisbane, aiutato anche dall’ottima conoscenza dell’inglese: si vive bene da quelle parti, ma personalmente preferisco l’atmosfera e i ritmi della Spagna.

La cosa che ami di più del tuo mestiere?
Mi piace creare cocktail, ma ancora di più mi piace vedere la reazione del cliente. La mia filosofia è quella di farlo sentire a casa propria: se è contento, se sorride vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro.

Che cosa cerca oggi un cliente?
Cordialità. È la cosa che manca di più, oggi, nei bar. Un buongiorno, un sorriso, una parola gentile… Poi, certo, anche un buon cocktail. Ma è la gentilezza che fa tornare le persone.

E tu che cosa bevi, quando esci?
Sono più da birra o vino. Ma se voglio qualcosa di più forte, scelgo un Pornstar Martini o un Espresso Martini. Dipende dalla serata.

C’è qualcosa che proprio non ti piace?
Non amo granché l’Aperol. E non impazzisco per l’Old Fashioned: non per la gradazione alcolica, ma per il mix di sapori. Preferisco il Negroni, ha più personalità.

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