Chartreuse, il celebre e quasi inimitabile liquore prodotto dai monaci certosini, è sempre più difficile da reperire. La produzione annuale è stata infatti fissata a 1,6 milioni di bottiglie, una quantità insufficiente rispetto alla crescente domanda globale. Il che se da un lato rafforza l’identità del brand e ne sottolinea i valori etici, dall’altro crea significativi disagi per distributori, imprenditori e consumatori.
ETICA E SOSTENIBILITÀ
Era metà gennaio 2023 quando i monaci certosini dichiaravano di voler rallentare la produzione del loro celebre liquore per concentrarsi sulla preghiera e agire nel segno della sostenibilità. La scelta vuole evitare un impatto ambientale eccessivo, contrario alla loro visione etica. Tuttavia non mancano gli effetti collaterali: il taglio della produzione ha trasformato la Chartreuse in un prodotto esclusivo e costoso. Tanto che, in alcuni mercati, i prezzi sono raddoppiati o addirittura triplicati.
Un caso su tutti: negli Stati Uniti è nato un mercato parallelo, con distributori che spingono i clienti verso vendite in circuiti alternativi a prezzi esorbitanti.
LE CONSEGUENZE PER L’HORECA
Per i cocktail bar e i ristoranti la scarsità di Chartreuse rappresenta una sfida concreta. Drink iconici come il Last Word, il Naked and Famous e l’Alaska con la Chartreuse verde e gialla non si possono preparare senza questo ingrediente unico. La sua mancanza impone ai bartender di rivedere i menu o di trovare alternative che, però, difficilmente possono replicare l’autenticità del prodotto originale.
Cocktail Last World – Foto Nicole Cavazzuti
LA PROSPETTIVA PER IL FUTURO
Le conseguenze della mancanza di Chartreuse dimostrano come l’etica e la sostenibilità possano influenzare il mercato globale. E per l’industria Horeca questo significa adattarsi a una realtà fluida, dove la disponibilità di ingredienti non può essere data per scontata.
UN PAIO DI SOLUZIONI IPOTIZZABILI:
ALTERNATIVE CREATIVE: I bartender potrebbero sperimentare con liquori simili o nuove combinazioni per creare cocktail iconici senza snaturarne il carattere. Un esempio virtuoso viene da Firenze: il tema di Manifattura ha realizzato una versione home made che miscelata non fa rimpiangere l’originale.
COLLABORAZIONI STRETTE CON I FORNITORI: Investire in relazioni più strette con i distributori dovrebbe garantire una maggiore disponibilità del prodotto.
QUANDO LA MANCANZA DI UN INGREDIENTE CAMBIA IL DRINK MENU
Il problema della reperibilità di alcuni ingredienti essenziali non è nuovo nel mondo della mixology. Fino a pochi anni fa, cocktail come il Sea Breeze, il Pisco Sour o il Sazerac erano difficili da trovare in Italia a causa della mancanza di alcuni ingredienti chiave. Ecco alcuni esempi:
Sea Breeze: A base di succo di mirtillo rosso, vodka e succo di pompelmo, questo drink era quasi introvabile in Italia fino al 2020, ovvero fino a quando Velier iniziò a importarlo.
Cosmopolitan: Sdoganato da Sex and the City, il Cosmopolitan come il Sea Breeze ha tra gli ingredienti il succo di mirtillo rosso, arrivato come dicevamo in Italia solo nel 2020.
Pisco Sour: Originario del Perù, questo drink Sour non può esistere senza pisco, distillato che solo di recente ha visto un aumento delle importazioni in Italia.
Sazerac: Tra i cocktail più antichi e iconici della mixology americana, simbolo di New Orleans, il Sazerac si prepara con whisky di segale, zucchero, assenzio e Peychaud’s Bitters. E visto che in Italia fino a pochi anni fa era un’impresa reperire assenzio e Peychaud’s Bitters, questo drink da noi è ancora poco diffuso.
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