Don Ranasinghe: Smoke & Bitters è il mio ritorno a casa. E ogni drink deve raccontarlo

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BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL – Locale riconosciuto tra i migliori dell’Asia, recentemente inserito nella lista estesa dei World’s 50 Best Bars al posto 86 — prima volta assoluta per un cingalese — Smoke & Bitters è il frutto di una sintesi tra Oriente e Occidente, tra esperienza e memoria, tra la Londra notturna dei club e l’isola ancestrale delle spezie. E ha un’identità chiara: cucina a base di legna, spiriti locali come arak e feni e un uso innovativo del ghiaccio chiaro.

Don Ranasinghe ha lo Sri Lanka nel sangue, ma è cresciuto a Londra, in mezzo ai locali e alla musica. A diciott’anni serviva drink al KOKO, tempio della notte londinese. Poi la scalata: dieci anni, da bar back a venue manager. Nel 2020 ha fatto una scelta diversa. Ha lasciato tutto per tornare sull’isola e aprire Smoke & Bitters, un cocktail bar affacciato sull’oceano, oggi punto di riferimento per la mixology contemporanea. Lo abbiamo incontrato a Milano, da Moebius, durante una serata dedicata alla miscelazione asiatica insieme ai suoi amici di Goa e Delhi: i proprietari di Boilermaker e Lair.

credits: Nicole Cavazzuti

L’intervista

Avete aperto poco prima della pandemia: com’è stato affrontare quel momento così complesso?
Folle. Abbiamo aperto poco prima del COVID, poi ci siamo ritrovati a gestire le sue conseguenze. Dopo la riapertura, è iniziata una fase di reintegrazione sociale: le persone sono tornate nei locali, con un forte desiderio di stare insieme. In quegli anni, l’interesse verso cocktail, cibo e ospitalità è cresciuto molto.

RIFLESSIONI SULLA SCENA ASIATICA

La mixology in India si è sviluppata molto negli ultimi dieci anni…
Assolutamente sì. In Sri Lanka, guardiamo all’India con ammirazione. I bartender indiani che hanno lavorato all’estero —Italia, Francia, Regno Unito, Canada, Stati Uniti— puntano sul fusion dopo essere tornati con un bagaglio di conoscenze in fatto di ingredienti -come amari e bitter- e tecniche avanzate. È quello che cerchiamo di fare anche noi.

Qual è, secondo te, il bisogno più profondo che un cliente porta con sé quando entra in un bar?
Vuole stare bene. Magari ha avuto una brutta giornata, troppe cose in testa. Ecco perché esistono i bar e i ristoranti: sono spazi dove rilassarsi, lasciarsi qualcosa alle spalle e uscire con il sorriso. Cibo e bevande sono strumenti per creare esperienze. Quando un cliente esce felice, è la soddisfazione più grande.

GUSTI LOCALI E INTERNAZIONALI

Che differenza hai notato tra il vostro palato e il nostro?
Noi amiamo il dolce e il piccante. Eppure, nonostante tutti mi dicessero che il pubblico italiano preferisse gusti secchi e amari, —specialmente qui a Milano dove ci sono Campari e Camparino, qui oggi il drink più richiesto è stato il più piccante: si chiama Pepper Pots.

PUBBLICO, TERRITORIO E LIFESTYLE

Il vostro bar lavora più con turisti o con clienti locali?
Circa l’80% turisti e 20% locali. La maggior parte arriva dall’Europa: Inghilterra, Francia, Italia, Germania, Spagna, Svizzera, Scandinavia. La zona è piena di ville boutique e piccole strutture, non grandi resort.

Dove vivi esattamente in Sri Lanka?
Sulla costa sud, in un villaggio di surfisti. L’area ha circa 7000 abitanti, ma la zona dove siamo noi ne conta circa 2000. È un contesto intimo, molto turistico.

STILE DI MISCELAZIONE

Qual è la vostra identità nella proposta di drink?
Proponiamo versioni moderne di cocktail tropicali, più leggeri e attuali.

Siete l’unico bar in Sri Lanka con un programma di clear ice
Produciamo ghiaccio trasparente da zero, in casa. Serviamo i drink in modo che si evolvano nel bicchiere: l’esperienza comincia al tavolo.

Pre-batch, si o no?
Sì, quasi tutto è pre-batchato perché produciamo molti ingredienti in casa. Seguiamo la stagione, quindi adattiamo la ricetta a ogni momento dell’anno.

credits: Nicole Cavazzuti

MARTINI E SIGNATURE COCKTAIL

E il Martini Cocktail?
Lo bevono in pochi. A chi lo chiede, dico: “Te lo faccio volentieri, ma se non lo bevi in due sorsi, sa di acqua con il caldo che fa.” Consiglio di provarlo on the rocks, con un bel cubo di ghiaccio: dopo 5–7 minuti è ancora buono, anzi, migliora. Possiamo aggiungere bitters per dargli un profilo unico. Ma se insistono, lo preparo classico.

Quali sono i tuoi drink preferiti?
Adoro il Garibaldi, per la sua texture densa. Il Bloody Mary, perfetto al mattino. E poi il reverse Manhattan, con l’equilibrio tra vermouth dolce e secco. Amo anche i tropicali, come il Mai Tai, che reinterpreto. Mi affascinano le tecniche vintage dei tiki bar storici—Don the Beachcomber, Trader Vic—con sciroppi e spezie antiche. È bello rappresentarli da un’isola vera, con i nostri ingredienti: cannella, chiodi di garofano, cardamomo…

Quali sono gli aspetti positivi e negativi della vita in Sri Lanka?
Sono nato a Londra, ho vissuto lì 31 anni. Lo “svantaggio” dello Sri Lanka è che è lento, imprevedibile. Ma è anche il suo vantaggio. Se riesci a rallentare la mente, è uno stile di vita meraviglioso. Ogni luogo è giusto per un momento della tua vita: per me, ora, è questo.

Avete uno spirito locale?
Sì, si chiama arak, ricavato dalla linfa del fiore di cocco. Noi abbiamo un secondo locale dove serviamo solo arak e toddy fresco. Lo prendiamo direttamente dall’albero alle 17, lo portiamo al bar e lo serviamo lo stesso giorno.

TENDENZE E CONTAMINAZIONI

Secondo te quali sono i distillati protagonisti di oggi?  
L’agave è sulla cresta dell’onda, il gin ha già avuto il suo momento. Ma tutto dipende dal marketing dei grandi brand. Ora l’interessante è la contaminazione: ad esempio, miscelare arak con agave o pisco. Anche in India si sperimenta con il feni.

Il feni

Il feni (o fenny) è un distillato tradizionale di Goa, prodotto in due varianti: dal frutto dell’anacardio (cashew feni) o dalla linfa del fiore di cocco (coconut feni). Molto profumato e dal carattere forte, ha attirato l’interesse della mixology contemporanea per il suo profilo aromatico unico.

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