Tutta la storia del rum: da Marco Polo a Johnny Depp

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Il rum, oggi distillato emblema dei Caraibi, non solo è famoso per essere l’ingrediente principale di cocktail cult come il Daiquiri, il Mojito e il Mai Tai, ma anche per la sua varietà. Nato nell’India e nella Malesia del IV secolo d.C., questo distillato ha attraversato secoli e culture fino a diventare un simbolo indiscusso dei Caraibi.

ORIGINI ANTICHE

Il termine “rum” deriva dalla parola “brum”, utilizzata per descrivere una bevanda fermentata dal succo di canna da zucchero prodotta già nel IV secolo in Oriente di cui parla anche Marco Polo nel suo libro Il Milione, dove lo definisce un “ottimo vino di zucchero” assaggiato nella zona dell’attuale Iran. Tuttavia, fu nei Caraibi del XVII secolo che la distillazione della melassa iniziò a prendere forma.

LA DISPUTA SULL’INVENZIONE

Dunque nel 1600 nei Caraibi si inizia a distillare la melassa di canna da zucchero dando origine al rum che conosciamo oggi (o simile). Non a caso, l’invenzione del distillato è contesa fra le tre potenze coloniali che all’epoca si spartivano i Caraibi: Francia, Spagna e Inghilterra, come spiega lo storico della distillazione Fulvio Piccinino nel suo libro Saperebere. Secondo i francesi, infatti, le prime notizie sulla distillazione di rum risalgono alla fine del ‘600 quando, in Martinica, il frate domenicano Jean Baptiste Labat avrebbe prodotto la prima acquavite di canna da zucchero. Diversamente, gli spagnoli sostengono che la prima distillazione sarebbe stata realizzata a Cuba, sempre per opera di un frate, giunto sull’isola per evangelizzare la popolazione locale. Per gli inglesi, invece, il rum sarebbe stato prodotto per la prima volta alle Barbados dalla distilleria Mount Gay, attiva dagli inizi del 1600, anche se la fondazione ufficiale è datata 1703. Tuttavia, sembra che già nel XV secolo, a Londra, venisse distillato uno spirito molto simile al rum utilizzando canne da zucchero provenienti inizialmente dall’India e successivamente dalle Americhe. Chi ha ragione? Probabilmente tutti e nessuno: furono con ogni probabilità gli schiavi impiegati nelle piantagioni di tutta l’area caraibica a scoprire per primi che le melasse, derivanti dal processo di raffinazione dello zucchero, fermentavano in alcool. Dopodiché, i colonizzatori europei affinarono le tecniche di distillazione, ognuno a suo modo, dando vita a diverse scuole di produzione che ancora oggi si traducono in tecniche di lavorazione peculiari.

RUM, MARINAI E CONTRABBANDIERI

Inizialmente utilizzato come medicinale, il rum era distribuito ai marinai della Royal Navy per combattere lo scorbuto, poi mescolato con succo di lime per creare il Grog. Nel Nord America del ‘700, il rum divenne un simbolo di resistenza contro le politiche restrittive europee, e con il Proibizionismo, i “rum runners” iniziarono a contrabbandare il prezioso liquore.

L’ASCESA DEL TIKI

L’epoca post-Proibizionismo vide l’ascesa della miscelazione Tiki, grazie a personaggi come Donn Beach e Trader Vic che cavalcarono il mito esotico dei Caraibi.
Pioniere fu Ernest Raymond Gantt, meglio noto come Donn Beach, che dopo avere viaggiato per mezzo mondo nel 1933 aprì a Hollywood il Don’s Beachcomber, locale dall’ambientazione caraibica/polinesiana con cocktail di ispirazione esotica a base di rum inventati da lui stesso e serviti in bicchieri colorati dalle forme stravaganti o ricavati da noci di cocco o ananas.
Durante la Seconda guerra mondiale, la maggioranza delle distillerie negli Stati Uniti vennero convertite alla produzione di carburanti per i mezzi militari, lasciando in pratica ai paesi caraibici l’esclusiva della produzione di rum in tutte le sue diverse tipologie: bianco, ambrato, scuro, añejo (invecchiato), overproof, per citare le macro categorie più diffuse. A questi si aggiungono i rum agricoli, per lo più di scuola francese, ottenuti dalla fermentazione del puro succo di canna da zucchero anziché dalla distillazione della melassa.
Fino a pochi anni fa confinati in una minuscola nicchia di mercato, almeno dalle nostre parti, ultimamente i rum agricoli stanno conoscendo una certa diffusione anche nella miscelazione, dove i loro gusti particolari sono alla base di cocktail originali e dalla spiccata personalità.

IL RUM AL CINEMA

Legato in origine, come abbiamo visto, a marinai e traversate oceaniche, il rum ha sempre avuto un ruolo di rilievo nel cinema e in particolare nelle pellicole legate a saghe di pirati o imprese di marinai. Lo troviamo, per esempio, nella saga di “Pirati dei Caraibi” con Johnny Depp o in “Master and Commander” del 2003 con Russell Crowe. Ma non solo. Chi voglia ripercorrere le gesta avventurose dei “rum runners” ai tempi del Proibizionismo non può perdere “La via del rhum” del 1971, con Brigitte Bardot e Lino Ventura. Ancora Johnny Depp è protagonista di “The Rum Diary – Cronache di una passione”, tratto dal romanzo autobiografico “Cronache del rum” di Hunter Thompson. Depp è qui nei panni di un giornalista alcolizzato e squattrinato trasferitosi da New York a Porto Rico. Il rum scorre a fiumi nelle vene di Jack Weil, interpretato da Robert Redford, in “Havana” di Sidney Pollack (1990). Infine, vale la pena di citare il Rum Collins che il “cattivo” Emilio Largo, interpretato da Adolfo Celi, offre a James Bond (Sean Connery) in “Thunderball. Operazione tuono” del 1965. Perché non si vive di solo Vesper Martini “agitato non mescolato”…

Testo a cura di Nicole Cavazzuti e Stefano Fossati

Fonte: Horecanews.it